Orfani speciali, la tragedia di chi resta in un corso pioniere che fa il boom di iscrizioni

Cosa resta, a chi resta? Battaglie legali costellate di umiliazioni, spese spesso inaffrontabili, il vuoto dell’assistenza psicologica, le conseguenze di un lutto che sfugge a ogni definizione, perché è plurimo e gravato da numerosi traumi. E poi chissà.

Si intitolerà proprio «Le conseguenze» la mostra fotografica della giornalista Stefania Prandi, che agli orfani speciali ma più in generale ai familiari delle vittime di femminicidio ha dedicato l’omonimo libro edito da Settenove. La mostra, voluta dall’associazione «Dalla parte dei minori» e in programma a Ravenna (dal 20 al 27 febbraio a Palazzo Rasponi Dalle Teste) e Bagnacavallo (dall’1 al 6 marzo a Palazzo Vecchio), chiuderà «Violenza assistita ed estreme conseguenze. Linee di intervento integrato per gli orfani speciali», un percorso formativo ad hoc in partenza online il 3 febbraio e pensato per i professionisti sociali, sanitari, giudiziari e forensi, nonché per le operatrici dei Centri antiviolenza: «Siamo a 400 iscrizioni un po’ da tutta Italia – spiega Rosa Giovanna Piaia, presidentessa dell’associazione -, segno che c’è un gran bisogno di essere preparati su questi temi. Purtroppo, nonostante le aperture degli ultimi anni, avvenute sia sulla scia della pubblicazione della compianta Anna Costanza Baldry, che nel 2018 venne a Ravenna proprio a parlarci di orfani speciali, che della legge 4 del 2018 che qualche diritto in più l’ha dato, le famiglie in questione restano invisibili, chiuse nel loro silenzio, davanti a una burocrazia ostacolante e ad addetti ai lavori che spesso non ne conoscono i diritti».
I numeri parlano da soli e non raccontano, come si potrebbe pensare, una realtà troppo di nicchia: l’indagine della Commissione femminicidio realizzata nel 2017 e 2018, infatti, parla di 169 figli rimasti orfani dopo l’omicidio della madre, in Italia. Un terzo di loro ha perso anche il padre, che si è suicidato dopo il femminicidio. Di quei 169 bambini e ragazzi, 29 erano presenti al momento dell’uccisione della madre: «Stiamo parlando di tragedie immani, di scenari agghiaccianti, di famiglie che sono state sterminate – continua Piaia -. Noi, essendoci costituiti parte civile ai ben noti processi per i femminicidi avvenuti negli ultimi anni a Ravenna, e avendo quindi toccato con mano tutte le disfunzionalità dei sistemi sociale, sanitario e giuridico, avevamo il dovere morale di mettere in campo le competenze acquisite». Il corso (al quale ci si può ancora iscrivere mandando una mail a giovannapiaia54@gmail.com), potrà essere seguito anche in differita sulle pagine Youtube e Facebook dell’associazione.
Al termine, la mostra sarà dedicata a Elisa Bravi, uccisa dal marito alla fine del 2019: «Il suo caso è uno dei tanti che fa emergere come il bilanciamento tra aggravanti e buone condotte sia spesso fuorviante. Il fatto che le due bimbe abbiano assistito non ha avuto un peso nella sentenza. Sono cose inaccettabili, da contrastare. All’inaugurazione a Ravenna, il 20 febbraio, ci sarà anche Giovanna Ferrari, una di quelle mamme militanti, che ancora combatte per le ingiustizie subite dopo aver perso la figlia per mano del marito».

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