Lo psicologo che porta il suo clown in corsia: “La risata dei bambini? Il suono più bello che c’è”

“Se non avessi scoperto il mio clown, la mia vita non sarebbe stata la stessa”. Alberto Dionigi, psicologo e ricercatore nell’ambito dell’umorismo in psicologia (con almeno quaranta pubblicazioni scientifiche in materia), è anche un clown dottore per il progetto “I nasi rossi del dottor Jumba” dell’associazione “Aquilone di Iqbal” di Cesena. Quando è in corsia al “Bufalini” diventa Carletto, un camaleonte. Quando esce dall’ospedale, invece, è spesso un formatore in quella che ama chiamare la “clownsapevolezza”, un concetto che fa riferimento alla consapevolezza del proprio essere clown e di come quel clown influenzi la nostra persona e viceversa. Temi che porterà anche domani a Macerata, al convegno nazionale “Umorismo, felicità e resilienza. Il clown come interprete delle emozioni” aperto a tutti gli interessati anche online (qui il link).

“Sono un clown dottore dal 2008, sono stato anche presidente della Federazione nazionale clown dottori. Quel che spesso ripeto è che fare del bene fa bene, è indubbio. Ma lavorare, nello specifico, sul proprio clown interiore, serve a spostare l’ago della bilancia da sé agli altri, serve dunque a mettersi in secondo piano per diventare un mezzo a disposizione delle persone: si è lì, in fin dei conti, per rallegrarle, per aiutarle a sdrammatizzare, per alleggerirle. Si deve, allora, essere disposti a mettersi in discussione, cioè a fallire per fare in modo che l’altro riesca. Un lavoro complesso e con un fortissimo potere psicopedagogico”.

I momenti nei quali Alberto sente addosso tutto il senso possibile è quando, il lunedì, si accompagnano i bambini in sala operatoria a le tensione, anche tra i genitori, è massima: “Riuscire a portare un po’ di distrazione è meraviglioso, vedere il cambiamento repentino sui volti delle persone pure. Lo dico spesso, non c’è suono più bello della risata di un bambino. In un ambiente sterile e rigido come l’ospedale, il clown è l’unica persona al quale il bambino può dire no. Questo allenta tantissimo l’ansia e lo stress”.

Studiando i profili di personalità dei clown, lo psicologo ha scoperto in questi anni come alcuni tratti di base siano, rispetto alla media della popolazione, una maggiore apertura all’esperienza e un minor nevroticismo: “In ogni caso, proseguendo nel percorso tutti ne guadagnano in intelligenza emotiva. Soprattutto, si impara a regolare le proprie emozioni: non si è certo in ospedale per fare i pagliacci ma per trasformare la noia in allegria, il dolore in accettazione”.

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