Era in un periodo di grande indecisione sulla strada da intraprendere, Chiara Faggiano, quando sua madre le ha detto che stava per iniziare un corso per diventare clown dottore: “Ho mandato il curriculum, ho fatto il colloquio e mi hanno preso. Così, due anni fa, è iniziata la mia avventura con l’équipe ‘I nasi rossi del Dr. Jumba” dell’associazione l’Aquilone di Iqbal”.

Cesenate, 33 anni, Chiara tramite la formazione e poi il tirocinio in ospedale ha poco a poco dato vita a Fanfu, il suo clown: “Lui è me solo in parte. Da Chiara prende senz’altro alcune caratteristiche ma appena io mi vesto, mi trucco e metto il naso smetto di essere io”.

Per arrivarci, il percorso non è certo semplice: “Si deve lavorare sulle proprie emozioni, scoprendo parti di sé che prima non si conoscevano. Io, per esempio, credevo che Fanfu sarebbe stato rigido e preciso come è Chiara. Invece lui assomiglia di più a una bambina con la schiena curva, impacciata e che va a sbattere contro le porte. Senz’altro si influenzano a vicenda: Fanfu ha cambiato un po’ Chiara e viceversa. Forse non sono più solo la maestrina che gestisce un dopo scuola per bambini con disturbi specifici dell’apprendimento”.

Quando Chiara, due volte alla settimana, entra al “Bufalini”, dove si occupa in prevalenza del pre-operatorio di Otorino, la mente va alla prima volta che ha percorso i corridoi dell’ospedale in veste di clown: “Quel giorno non avevo ancora un trucco: lo abbiamo deciso insieme agli altri clown che erano in turno con me. Non eravamo in pediatria, i bambini ricoverati erano pochi. Abbiamo fatto un giro in pronto soccorso, dove c’era una ragazza ingessata rivolta verso il muro, anziché verso il quadro che le stava alle spalle. Ho pensato che l’ideale sarebbe stato spostare le sedie. E così ho fatto. In quel momento ho realizzato che il clown è liberissimo di agire”.

Se dovesse consigliarlo, Chiara sicuramente lo farebbe: “In teoria è un percorso adatto a tutti. In pratica, no. Bisogna mettersi in gioco con se stessi, bisogna essere empatici, fare proprie delle competenze specifiche. Sicuramente il corso aiuta, così come aiuta l’esame finale. Non è come dice Patch Adams, non basta che ci sia amore”.

Quando Chiara e Fanfu escono dall’ospedale, la scarica di energia è notevole: “In cambio, credo di lasciare lì molta tenerezza. E quando mi capita di essere riconosciuta, magari fuori dall’ospedale, sono davvero molto grata”.