Nicolò, da Ravenna al Giappone: «Quando mia figlia mangia la pizza con le bacchette»

«Se mia figlia mangia la pizza con le bacchette sì, un po’ mi infastidisco. Quando fa la scarpetta, invece, la guardo con orgoglio. Scherzi a parte, spero che cresca con la consapevolezza di essere parte di due culture, quella italiana e quella giapponese, che a molti sembrano così distanti ma che in realtà sono più vicine di quel che sembra». Nicolò Baffico, 41 anni, ravennate, dal 2014 vive nella città giapponese di Sapporo, di cui è originaria la moglie Eriko, conosciuta a Barcellona: «Io sono architetto, lei ingegnere dei giardini e designer. Abbiamo iniziato a frequentarci in Spagna, dove entrambi stavamo lavorando. Ancora adesso, tra noi, parliamo in spagnolo mentre Yuniko Celeste, che ha due anni, è una furia in giapponese e sta prendendo confidenza anche con l’italiano. Peppa Pig, per esempio, a casa si guarda rigorosamente in italiano».

In Giappone Nicolò ha lavorato come architetto, traduttore, importatore di macchinari dall’Italia: «Qui sto bene, anche se dire che sono integrato è una parola grossa perché ovunque avrò sempre quell’essenza, seppur velata, di straniero, di diverso, di non Doc. L’italiano all’estero, d’altro canto, anche qui attira. Ma è vero anche che i giapponesi stanno abbastanza sulle loro, per quanto assolutamente accoglienti. Io devo perfezionare la lingua, senza dubbio, e ancora ho molta strada da fare. Forse mi darà una mano mia figlia quando andrà a scuola e la aiuterò con i compiti. In generale, comunque, mi aiuta il fatto di essere uno che si adatta con facilità, di essere abituato a vivere in ogni parte del mondo, al pari di mia moglie».
Mentre è in cerca di una nuova occupazione, Nicolò passa l’intera giornata con la figlia, dilettandosi ai fornelli: «Mi piacciono le commistioni culinarie, di recente ho preparato la focaccia con gli edamame. Qui chiaramente non trovo tutto, ciò che mi manca di più è il formaggio, da Ravenna i miei genitori mi spediscono spesso il parmigiano, che in Giappone costa come l’oro. Della Romagna non mi manca certo solo quello: ho nostalgia della famiglia, degli amici ma anche di un certo linguaggio del corpo, come gli abbracci. Ma sono abituato a viaggiare, a cambiare città e chissà, magari un giorno ce ne andremo a vivere su una spiaggia del Venezuela».
Nella crescita di Yuniko Celeste, intanto, le differenze Italia-Giappone si sentono quel che poco che basta: «Credo che le disparità di vedute e modi di fare tra e me ed Eriko rispetto all’educazione di nostra figlia siano da imputare più alle differenze tra uomo e donna, che al conflitto culturale. Io spero solo che Yuniko non si senta mai straniera da nessuna parte». 

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