“Sono andata per forare il cuore degli altri, per fare capire alle persone che prima di dare un giudizio, bisogna andare a vedere quanto dolore e quante difficoltà ci sono dietro alle cose”. Cinzia Messina, 52 anni, ravennate, ha da poco partecipato al programma di Rete 4 “Diritto e rovescio” (qui il link alla puntata) insieme al padre di sua figlia Greta, quasi 13 anni, che è un bambino ma che ha iniziato a manifestare fin da piccolissima gusti e preferenze al femminile, sentendo di appartenere al genere opposto rispetto a quello assegnato alla nascita: “Aveva solo tre anni quando mi seguiva per casa come un’ombra, fissandomi mentre mi truccavo. Atteggiamenti che sono andati avanti nel tempo fino a quando, poco prima di iniziare le elementari, mia figlia mi ha detto esplicitamente ‘sono una femmina mamma, anche se so che questo ti farà stare male'”.
A Cinzia torna alla mente quel gran desiderio di un figlio maschio che ha sempre avuto: “Greta ha un gemello, Paolo. Nell’ecografia, all’inizio, solo per uno dei due era chiaro il sesso. Dell’altro non si capiva, oggi sembra quasi una profezia. Ma ci ho messo tanto a metabolizzare, se potessi tornerei indietro di almeno cinque o sei anni, accettando mia figlia per quella che è. Luigi, il mio ex marito, molto prima di me si era convinto che fosse il caso di lasciarla libera di esprimersi a suo modo anche fuori di casa, di vestirsi da bambina a scuola, di presentarsi con il nome femminile anche gli altri. Ma io non ero preparata, per parecchio tempo gliel’ho impedito, sentendo anche i consigli della psicologa che già la seguiva per la prematurità e che ci diceva di lasciarla libera solo tra le mura di casa”.
Un giorno, davanti alle parole nette e lancinanti di Luigi, Cinzia si convince: “Greta non ce la faceva più, mi ha raccontato suo padre, aveva sofferto per troppo tempo e non era più disposta a farlo. A quel punto ho capito che era arrivato il momento di stare dalla sua parte, di sostenerla in pieno verso la transizione. Quella sociale l’ha fatta da sola, da un giorno all’altro, davanti ai suoi compagni. Ha detto loro di chiamarsi Greta. E devo dire che non ha trovato grossi ostacoli. In passato qualche episodio di derisione c’è stato, capita anche adesso certe volte. Ma io intervengo subito. A scuola io e Luigi abbiamo incontrato i genitori, abbiamo spiegato la questione e devo riconoscere che non abbiamo incontrato muri”.
Andare in tv è stato a quel punto un passo oltre per sensibilizzare le persone vicine e lontane a Greta: “La visibilità e l’esposizione sono il prezzo da pagare per riuscire a informare, per mandare un messaggio chiaro e netto: che non ci vergogniamo, che il percorso che stiamo facendo fa rima con dignità. Spero che tutto questo stia facendo bene anche a Greta, per troppi anni schiacciata nella personalità e inibita nei suoi desideri. Resta ancora oggi una ragazzina sola, con pochi amici, in sofferenza. Anche se alcuni segnali, dall’esterno, ci rincuorano: negli Scout, per esempio, è stata inserita nel gruppo delle ragazze senza problemi”.
Ma Cinzia non si chiede mai, quando è per strada con sua figlia, se gli altri la vedano come un maschio o come una femmina: “Entriamo nei negozi, la porto dall’estetista. Non ci importa molto di quel che le persone vedano in lei, evitiamo la zona d’imbarazzo del dover spiegare, del doversi giustificare. A me interessa molto di più il suo futuro, il fatto che abbia presto la stabilità emotiva ma anche quella economica per fare il suo percorso come lo desidererà. Non vorrei mai lasciarla senza che abbia avuto o abbia davanti a sé la possibilità di portare a termine il suo cammino verso la felicità e il sentirsi se stessa. Parliamo spesso dei bloccanti ormonali, che ancora non ha la possibilità di assumere, così come dell’intervento. Io sono buddista, un mio compagno di fede un giorno mi ha detto che una madre è in grado di cambiare il destino dei suoi figli, se vuole. Io voglio credergli”.
Dalla sua parte, Cinzia ha una valida compagna di battaglie, Camilla Vivian, fondatrice del blog “Mio figlio in rosa” (e autrice dell’omonimo libro), la prima persona che l’ha ascoltata: “Una mamma preparatissima, informata, in grado di districarsi nelle varie normative dei paesi, sensibile e sul pezzo. Per me è ancora oggi come una bussola insieme a Elisabetta Ferrara di Agedo Parma, associazione di cui anche io faccio parte”.
Il 19 aprile, al Dock 61 di Ravenna, Cinzia porterà la propria testimonianza.
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