Altalena per disabili chiusa, mamma Michela: “Polemica non sterile”

“Moltissime volte, andando al parco urbano di Imperia, ho visto sull’altalena per disabili gruppi di sei o sette ragazzini dondolare forte, a rischio di romperla e di farsi seriamente male. Ma quando ho chiesto loro dove fossero i genitori, nessuno è intervenuto”. Michela Aloigi è la mamma di Matteo, 24 anni, affetto da una tetraparesi spastica che gli impedisce da sempre di parlare, camminare, nutrirsi da solo: “Mio figlio è stato soffocato dal cordone ombelicale alla nascita, i suoi problemi sono da allora la mia normalità. Così come è normale, per lui, farmi capire che è contento di salire sull’altalena. Un gioco che mi è costato 6mila euro, raccolti facendo mercatini e tramite le donazioni dei cittadini. Sono stata io a contattare Selena Albatelli, ideatrice del Dream Day di Jesi, dopo essermi innamorata della sua altalena, che ha anche un secondo posto per un amico, un fratello, un accompagnatore: di modo che sia possibile giocare insieme, condividere”.

Nei prossimi giorni, dall’azienda che ha realizzato il gioco, arriverà l’elastico sostitutivo di quello rotto: “Dopo, l’altalena potrà anche riprendere a funzionare. Quanto alla protezione in legno che il Comune farà installare, invece, non mi hanno dati tempi. Del resto, dopo l’installazione dell’altalena lo scorso novembre, abbiamo dovuto aspettare Pasqua per la pavimentazione. La soluzione del Comune, poi, non mi convince nemmeno troppo. Basterebbe il senso civico, invece si è costretti ad arrivare alle recinzioni”. Il caso, diventato nazionale, ha preso poi secondo Michela una piega ideologica e poco concreta: “Io, al contrario, parlo di problemi reali, del fatto che alcuni genitori non guardano i propri figli mentre rovinano un gioco che non è per loro. Anche io ho un figlio normotato, che ha vent’anni. E a rispettare gli altri gli ho insegnato fin da quando era piccolissimo. La mia non è una polemica sterile”. 

Quanto alla frase “infelice” del sindaco sul fatto che non fosse il caso di divulgare la foto di Matteo, Michela è ancora indignata: “Io non avevo puntato il dito contro di lui, quando ho alzato la voce. Trovo sgradevole che siano state usate quelle parole. Sono abituata a rompere le scatole contro le barriere architettoniche e a favore dei diritti delle persone disabili, certo. L’associazione che ho fondato tre anni fa insieme ad altre due persone, La Giraffa a Rotelle, è nata proprio per questo: abbiamo formato alcuni migranti sul tema della disabilità, di modo che possano aiutare chi è in carrozzina a scendere in spiaggia, per esempio. O andiamo a fare la spesa per chi non riesce a spostarsi”.

Azioni concrete, che poco spesso fanno rima con i sogni: “Molti hanno detto che un’altalena per disabili non basta a fare un parco inclusivo. Ovvio, sono la prima a saperlo e a essere d’accordo. Magari potessimo avere un parco inclusivo. L’altalena è un piccolo passo, un inizio“.

 

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