Il caso di Valentina Milluzzo, la donna di 32 anni incinta di cinque mesi morta all’ospedale Cannizzaro di Catania insieme ai due gemellini che portava in grembo, dopo le denunce del padre riapre l’argomento dell’obiezione di coscienza.
Ma come stanno le cose al Nord, per la precisione in Emilia-Romagna? Gli ultimi dati 2015 parlano di un 53,1% di ginecologi obiettori, contro il 23,8% del personale non medico e il 32,2% degli anestesisti. Esattamente vent’anni prima obiettava, in regione, il 40,9% dei ginecologi.
In Ausl Romagna la percentuale è leggermente più elevata della media regionale, almeno per quanto riguarda i ginecologi. Sommando Ravenna, Rimini, Forlì e Cesena sono il 56% quelli che dicono no alle interruzioni volontarie di gravidanza. Più bassi, invece i numeri che riguardano le altre figure sanitarie: a praticare l’obiezione è il 22,9% del personale non medico e il 24,8% degli anestesisti.
Il dato 2015, per quanto riguarda la sola Romagna, è in aumento rispetto a quello dell’anno precedente, quando esattamente la metà dei ginecologi, 45 su 90, si dichiarava obiettore.
Una situazione particolare è quella dell’ospedale di Faenza, già passato alle cronache in passato per l’obiezione quasi totale e rimasto pressoché nella stessa situazione. Al momento, spiega il primario facente funzioni di Ostetricia Enzo Esposito, i ginecologi obiettori sono sette su nove, lui compreso: “Quindici anni fa, dopo venti di Ivg, ho fatto un’altra scelta, scegliendo l’obiezione. A Faenza, però, nessun disservizio e nessuna attesa prolungata (come invece è successo l’anno scorso al Sant’Orsola, stando alla testimonianza di una mamma, ndr): “Quando le donne che richiedono l’interruzione sono vicine al termine imposto dalla legge 194, facciamo di tutto per velocizzare l’intervento chirurgico”.
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