Tornerà davanti alla Corte Costituzionale tra 15 giorni – il 14 aprile – la legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita. A sollevare il dubbio di legittimità costituzionale è il giudice Filomena Albano del Tribunale di Roma. Tutto parte dalla storia di una coppia portatrice di distrofia muscolare di Becker che alla 12esima settimana di gravidanza (spontanea) ha scelto di interromperla perché gli esami evidenziavano che la malattia era stata trasmessa al feto. Una volta che la coppia ha saputo che l’indagine diagnostica poteva essere eseguita prima del trasferimento in utero dell’embrione, i due si sono rivolti a una struttura pubblica per eseguire tecniche di fecondazione assistita, ma hanno ricevuto il no all’accesso perché la legge 40 prevede l’accesso per le coppie infertili.
La coppia, allora, si è rivolta all’Associazione Coscioni chiedendo aiuto. La legge 40, questo il punto, con il divieto di accesso per le coppie fertili portatrici di patologie genetiche parrebbe violare l’articolo 3 della Costituzione, cioè il principio di uguaglianza tra chi è infertile con malattie genetiche e può sottoporsi a procreazione medicalmente assistita ma con indagine preimpianto e chi è fertile e portatore di malattie genetiche che a causa della legge 40 non può effettuare le indagini e evitare un aborto.
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