Se un genitore all’assemblea di classe non può votare: l’invisibilità delle famiglie omogenitoriali

Il caso delle due mamme italiane Manlia e Carola, bloccate in Spagna, dove è nato il loro Noah, perché il bambino è senza documenti e non può tornare a Milano a trovare il nonno malato, apre molte riflessioni sul mancato riconoscimento della famiglie omogenitoriali in Italia. Ce ne parla Maria Grazia Sangalli, che da tempo collabora con Famiglie Arcobaleno e che è vicepresidente di Avvocatura per i diritti Lgbt- Rete Lenford.
Avvocato, che cosa l’ha colpita della vicenda?
“Credo sia un caso emblematico per due motivi. Il primo è che evidenzia il grande dislivello che esiste tra i Paesi europei in merito al riconoscimento dei diritti delle coppie omosessuali: una coppia sposata in Francia, una volta tornata in Italia non è più una coppia sposata. L’altro motivo è che queste sono situazioni che si presenteranno sempre più spesso: di continuo ci arrivano richieste di consulenze da parte di ragazzi e ragazze intenzionati ad andare all’estero per contrarre matrimonio e avere maggiori tutele. Sempre di più, soprattutto a protezione dei figli, assisteremo ad uno spostamento di persone verso Paesi con legislazioni più avanzate”.
In assenza di riconoscimento, che cosa può fare una coppia omosessuale, in Italia, per tutelarsi?
“Purtroppo la questione delle unioni tra persone dello stesso sesso è sempre stata confinata nell’ambito della regolamentazione privatistica, un argomento che viene utilizzato da chi si oppone al matrimonio omosessuale. Ma non regge nella misura in cui ci sono di mezzo dei figli. Non esiste nessun istituto privatistico che riconosca l’esistenza di questi legami familiari e che garantisca al minore la loro permanenza. Il riconoscimento della preminente interesse del minore è in mano ai giudici, che però possono fare ben poco in assenza di una disciplina”.
Se guardiamo oltre confine, invece, come vanno le cose?
“La giurisprudenza europea ha fatto passi da gigante. Da noi, è importante investire i Tribunali di questi temi. Si tratta di una strada molto faticosa ma davanti ad un legislatore inadempiente, è l’unica percorribile”.
Non si muove qualcosa anche in Italia, almeno a livello di accettazione?
“Purtroppo di recente abbiamo ricevuto segnalazioni in merito ad alcune scuole che non hanno riconosciuto il genitore sociale e quindi hanno impedito che partecipasse alle assemblee. Fino a poco tempo fa non avevamo registrato problemi di questo tipo. Forse stiamo andando addirittura indietro. Del resto il rapporto con il genitore non biologico è il vero problema: davanti alla legge è invisibile, non esiste”.
Per una come lei che si impegna per il riconoscimento di diritti così poco considerati, non è un po’ come battersi contro i mulini a vento?
“A volte lo è ma sono sicura che prima o poi ci arriveremo. Bisognerà prendere atto di situazioni che esistono, l’Italia sarà costretta a riconoscere i diritti delle coppie omosessuali. Noi ci abbiamo provato anche con una proposta di legge che però è rimasta lettera morta”.

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