“Mamma, ti ho disegnata in piedi perché la carrozzina non mi veniva”

La sua forza, Lorenza Molari, la riassume con un proverbio: “Se Maometto non va alla montagna, la montagna va da Maometto”. E per quante domande uno si possa fare sulla complessità di essere mamma in sedia a rotelle, lei te le smonta così, come se avesse una soluzione in tasca, una ricetta da applicare. Ravennate, 42 anni, dipendente Ausl, Lorenza nel 2006 partorisce Chiara con il cesareo, e ad occhi aperti: “Volevo essere sveglia e così un caro amico, anestesista dell’ospedale, si è avventurato in un’epidurale difficilissima, che ha fatto letteratura. Per il mio parto è finito su una rivista americana”. Non solo: il fotoreporter ravennate Giampiero Corelli è lì, tra camici e bisturi, a immortalare con i suoi scatti quel momento per il libro “Mamma mia”.

Lorenza Molari con la piccola Chiara, immortalate nel 2006 dal fotoreporter ravennate Giampiero Corelli

Di detrattori, tra i medici, Lorenza non ne ha incontrati: “L’unico avvertimento che mi davano era che non avrei potuto dare alla luce Chiara naturalmente”. Della serie, cosa vuoi che sia: spiazzante. Lorenza vive una gravidanza normale, solo l’ottavo mese l’ingombro della pancia le diventa poco gestibile: “Fino al settimo nessun problema, caricavo la mia carrozzina in macchina e la scaricavo senza intoppi. Dopo, la dilatazione del bacino e il fatto di stare sempre a sedere mi avevano spinto gli organi in alto. E non riuscivo più nemmeno a mangiare”. Ma Chiara aveva già i valori giusti per iniziare il suo cammino: “L’hanno fatta nascere tre settimane prima. In sala operatoria c’era anche Lara, la mia migliore amica, che mi ha sempre incitata a diventare mamma”.

Un altro scatto firmato Giampiero Corelli di Lorenza con il marito e Chiara, qui nata da poco

Che poi, mamma, Lorenza lo era già, anche se non legalmente: “Ho cresciuto il figlio di mio marito, Matteo, da quando aveva tre anni. Oggi ne ha quattordici. Forse è stata la sua presenza, oltre alle preoccupazioni economiche, a farmi rimandare, rispetto ai desideri di mio marito, una maternità biologica. L’idea di avere due figli un po’ mi spaventava”. Ma con Matteo Lorenza aveva già imparato, prima di Chiara, a fare da sé: “Il passeggino, una persona in carrozzina, non lo può spingere. Io mettevo Matteo sulle mie ginocchia e lo portavo dove volevo. Sono riuscita a farlo smettere solo all’età di sette anni, talmente gli piaceva”. In spiaggia, nei parchi aquatici, a fare la spesa: Lorenza è riuscita sempre a gestirsi senza troppi aiuti. La suocera, “colonna portante” della sua vita, è ancora oggi fondamentale ma come lo sarebbe in qualsiasi famiglia: “Io di carattere sono intraprendente, autonoma, non mi piace aspettare gli altri. Sono in carrozzina dal 1989, quando mi investì una macchina. Avevo solo diciotto anni e mezzo. La mia paraplegia l’ho accettata, per fortuna. E oggi dico che l’importante è la salute”. Perché stare in carrozzina trascina con sé conseguenze pesanti: artrosi, anche flesse, sovraccarico sulle spalle e sul collo. Gli acciacchi non mancano ma tutto sommato Lorenza sta bene: “Sono solo molto stanca. I bambini sono da portare a scuola, a danza, sono da aiutare nei compiti”. Routine che riguarderebbero Lorenza anche al netto della sua invalidità: “La quotidianità per una famiglia è complicata. Dopo la nascita di Chiara mio marito, che prima era sempre via per lavoro, ha trovato un’altra occupazione. L’ho messo sotto minaccia”. E sta proprio qui la sua risolutezza: “Amici e conoscenti spesso mi portano come esempio, perché non mi scoraggio mai. Se potessi, scalerei le montagne. Sono così di carattere. Con la carrozzina vado veloce come un razzo”. Allo stesso tempo non teme di farsi aiutare, quando non ce la fa: “Se in un negozio non arrivo allo scaffale, chiedo. Così al mare, se sono da sola con i bambini”.

E la normalità è anche quella che vivono Chiara e Matteo: “Per loro io sono così e basta. Tante volte mi fanno i complimenti perché sono riuscita a fare qualcosa che non avrebbero pensato. Qualche giorno fa mia figlia mi ha portato a casa un disegno dicendomi che mi aveva ritratta in piedi, perché la carrozzina non le era venuta”.

In questo articolo ci sono 12 commenti

Commenti:

  1. Donne, altro che noi uomini….. Donne, forti più degli uomini…..Donne come te insegnano a vivere a tutti…. E i tuoi figli avranno una supermamma con loro….. TI STIMO INFINITAMENTE

  2. anche io sono paraplegica,mio marito e`disabile e abbiamo una bimba nata da poco ma non l’abbiamo diffuso perche`per noi e`stato senplicemente il frutto del nostro amore come per milioni di persone.anche se si e`disabili ma la situazione lo consente perche`non fare un figlio e tante altre cose senza sentirsi e manifestarsi come eroi ed esibire un figlio come trofeo.auguri a tutte le famiglie che leggeranno questo pensiero.buona vita

  3. La tua grande volontà ed entusiasmo siano di esempio per tutti coloro che, invece, non fanno altro che…… ” piangersi addosso”. Complimenti, sei grande!!!!!!!!!!!Un forte abbraccio.

  4. Sonia siate piu’positivi te e tuo marito, e prendete per esempioLorenza che ti assicuro io la conosco e’ simpatica leale umile buona e soprattutto un ottima Mamma
    Siete eroi hai detto bene, un esempio per tutti noi che ci lamentiamo per le cavolate.Viva la Vita!!!
    Da Arianna

  5. già…una grande persona….conosco Lorenza da diversi anni e vi assicuro che è così…GRAANDE…un saluto!!!ciaooo

  6. Un grande esempio Lorenza. Ricordo ancora quando lavoravi come commessa di scarpe in v cavour.. sempre con il tuo sorriso stampato e ke nonostante tutto hai mantenuto . Sei ancora piu’ bella di quanto fossi allora… un bacio

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