Tutti abbiamo un “radar” che ci permette di captare i segnali che ci arrivano dall’esterno.
Le mamme ed i papà si accorgono subito se i loro figli stanno male o hanno dei problemi o sono felici… La maggior parte delle volte, non serve nemmeno la parola.
I figli non sono da meno. Intercettano ogni segnale di stabilità o di cambiamento.
Nella vita di tutti i giorni, qualsiasi professione facciamo, siamo abituati a notare ciò che è “normale” e ciò che non lo è.
Tutto questo è straordinario e fa parte della nostra capacità di orientarci nel mondo, saper decidere, fidarci (o non fidarci) di qualcuno.
Perché qualcuno è più efficace e qualcun altro meno?
Perché i “dati raccolti” devono anche essere interpretati.
E qui entrano in gioco tutta una serie di condizionamenti che possono condurre alle conclusioni più diverse.
Prendiamo l’esempio di un bimbo piccolo che si tocca l’orecchio. È un segnale.
C’è la mamma che prenota immediatamente una visita dal pediatra. C’è la mamma che registra l’informazione e tiene d’occhio la situazione (raccoglie indizi). C’è la mamma che li ignora.
Le informazioni che arrivano al cervello attraverso i nostri sensi (vista, udito, gusto, tatto, olfatto) vengono interpretate secondo le proprie convinzioni, i propri valori e lo stato fisico-emotivo di quel momento.
Sto sospettando qualcosa? Sono in ansia? Sono stra-felice? Dubito? Ho paura? Non mi sento all’altezza? Sono preoccupato/a per qualcosa? Ho un problema di salute? Sono tendenzialmente ottimista? Sono tendenzialmente pessimista?
Tutto questo condiziona le nostre elaborazioni? Certo! Eccome!!!
Ora… È ovvio che nessuno può essere sempre in uno stato neutrale e di perfetto equilibrio (saremmo delle macchine se fosse così…). D’altro canto, saper interpretare nel migliore dei modi i segnali che ci arrivano dall’esterno è una dote inestimabile che ci permette di anticipare i problemi (non è poco!), facilitandoci notevolmente la vita.
E quindi? Come si può migliorare?
- Essere consapevoli dei propri pensieri.
- Sforzarsi di allargare le ipotesi. Il motivo può essere “A”, ma può essere anche “B”, e “C”, e “D”, e “E”, e “F”, …
- Solo dopo aver preso in considerazione tutte queste ipotesi, scegliere quella più probabile.
Il risultato?
Una migliore capacità di saper interpretare nel modo corretto e una maggiore abilità di gestione dei propri stati emotivi.
p.s. Un maestro da cui imparare? Sherlock Holmes! ;-)
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