«Quando non avere figli diventa una penalizzazione professionale»

La storia di Alberta Longo, che il mese scorso ci ha raccontato le tante domande rivolte spesso alle donne senza figli, ha spalancato un tema, evidentemente, molto sentito. A confermarlo, le riflessioni di un’altra donna di Ravenna, 40 anni circa, che lasceremo nell’anonimato ma che ci ha raccontato come molte delle regole del mondo del lavoro finiscano, spesso, per penalizzare chi i figli non li ha.

«Non vorrei essere fraintesa – spiega la donna: io sono una sostenitrice dei diritti delle mamme e difendo le rivoluzioni che le donne hanno fatto per vederseli garantiti. Quel che noto, però, è che l’aspettativa culturale della nostra società, che dà per scontato il fatto che una donna, per essere completa, debba essere madre, si ripercuote sul sistema normativo. Un esempio? Dove lavoro, ogni anno riceviamo una valutazione annuale che attribuisce un punteggio, il quale a sua volta dà accesso a piccoli avanzamenti di carriera e aumenti di stipendio. A parità di punteggio, passa chi ha figli, cosa che mette in imbarazzo sia i genitori che i non genitori».

La stessa dinamica, la donna, l’ha vista sul fronte dello smartworking: «Non sottovaluto quel che hanno dovuto passare, nell’ultimo anno e mezzo, le donne che lavoravano a casa dovendo occuparsi anche dei figli. Ma dopo, quando è stato stilato il nuovo protocollo, si è scelto di dare più giornate di smartworking a chi ha figli, rispetto a chi non ne ha, anche se le scuole avevano riaperto. Dispiace che un fatto privato, l’essere genitore, diventi una possibilità contrattuale al pari di un titolo di studio o di un merito professionale. Ho amiche non mamme costrette a più turni serali rispetto alle colleghe mamme, come se il fatto di non avere messo al mondo figli fosse una limitazione».

Un problema di sistema, come ripete la donna: «Le colleghe non hanno mai mostrato di voler scaricare parte del lavoro su di me, anzi. Io credo ci sia proprio un problema culturale, lo stesso che con naturalezza porta le persone a chiedere a chi non ha figli quando ne faranno o perché non ne hanno. Si tratta di una scelta personale, che può essere dettata da una storia difficile, da problemi fisici ma anche, semplicemente, dal fatto che non ci si sente portati per avere dei bambini. Anche questo, in effetti, è un altro tabù duro a morire».

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