Alberta: «Troppe domande alle donne senza figli, stanca di sentirmi chiedere quando farò un bambino»»

 

Le chiamano anche childless: sono le donne senza figli non per scelta, ma per problemi di salute che le hanno portate a non poterne avere. Da Ravenna la storia di Alberta Longo, che insegna l’importanza di rispettare ogni storia, senza intromettersi troppo.

 

 

Il tema delle donne senza figli oscilla tra l’essere ancora un enorme tabù o, al contrario, qualcosa sul quale fare domande in maniera quasi morbosa, senza rispettare scelte, intimità o problemi.

A parlarne in un post di qualche mese fa che mai avrebbe pensato di scrivere è stata Alberta Longo, titolare della libreria di via Diaz di Ravenna che porta il suo cognome. In una quindicina di righe, la 38enne ha messo a tacere i tanti punti interrogativi che spesso vengono rivolti alle donne non più ventenni che non sono diventate mamme: «Sono anni che mi sento chiedere quando farò un bambino. Fermo restando che è una domanda che, agli uomini, non viene mai posta, credo che non andrebbe, in generale, fatta. Io i figli non li posso avere, a 23 anni ho subito un’operazione che reputo il lutto più grande della mia vita, considerando che avevo già perso mia madre. “Non hai più le tube”, mi disse il ginecologo al mio risveglio, felice perché quell’asportazione era il male minore rispetto alle previsioni che aveva fatto sulla mia salute».

Innamorata dei bambini, con cui racconta di avere un canale comunicativo privilegiato, Alberta col passare degli anni ha iniziato a fare i conti con la sua maternità negata, interrogandosi anche sui preconcetti di cui lei stessa era portatrice: «Da undici anni ho una relazione con un uomo che a un certo punto ha capito che non sarebbe voluto diventare padre e che ho giudicato per questa scelta, per poi arrivare a comprendere che non desiderarne può essere tanto normale quanto volerne. Io non nego di essere arrabbiata per quello che mi è successo, è qualcosa che arriva dalla pancia e sul quale sto lavorando. Ma mi fa anche arrabbiare il giudizio che sento sulle donne non madri, considerate meno delle altre. C’è una frattura enorme tra chi è mamma e chi non lo è, una spaccatura che pare insanabile, spesso dovuta a una società che non aiuta né noi né loro».

Da un lato, guardando alla sorella o alle amiche con figli, Alberta è consapevole che la maternità sia un’esperienza così totalizzante da non avere, forse, paragoni. Dall’altro, però, sperimenta su se stessa la pressione che arriva da fuori: «Io non ho vergogna per la mia condizione ma sono stanca di sentirmi domandare “ma perché tu no?”. Ecco, forse se si parlasse di più del fatto che si può essere donne senza essere madri, certe invasioni di campo nel privato non si verificherebbero. Non perché io non voglia parlare dei problemi di salute che mi hanno portata fin qui, non ho nessuna chiusura rispetto a questo. Ma proprio perché a causa di problemi come il mio, o di scelte di vita, o del destino o chi per lui, si può avere una vita più o meno soddisfacente senza bambini. Io, se non avessi incontrato inciampi, forse ne avrei al messi al mondo una caterva, di figli. Ma devo trovare la mia dimensione nella società anche senza averne».

In questo articolo ci sono 0 commenti

Commenta

g