Gina Ancora: “Sotto i 500 parti mamme e bimbi non sono al sicuro”

“I centri nascita debbono fornire cure eque in quanto a sicurezza di mamma e bambino. Tutte, nessuna esclusa, le società scientifiche che si sono espresse in questo senso, concordano sul fatto che la sicurezza di mamma e bambino al momento del parto sia strettamente dipendente dal volume di attività dei Punti Nascita”. Lo ribadisce Gina Ancora, presidente della Società Italiana di Neonatologia – sezione Emilia-Romagna a proposito della chiusura dei punti nascita con meno di 500 parti l’anno. L’implicito riferimento è al caso di Pavullo, nel Modenese, finito di nuovo alle cronache dopo la morte di un neonato a Sassuolo.

“Questa posizione – continua la dottoressa, che lavora alla Tin di Rimini – è stata confermata da due commissioni nascita, una regionale ed una nazionale. L’attribuzione di funzioni sanitarie a determinate strutture non può prescindere da pareri scientifici e non può essere strumentalizzata a fini diversi da quelli della garanzia di salute. La salute della popolazione dipende dalla promozione di stili di vita sani a dalla disponibilità di cure altamente qualificate in caso di emergenza; queste ultime cure possono essere efficacemente fornite solo in centri specialistici con alto volume di attività. Nascere in posti sicuri, accreditati scientificamente, dove si permane in media per 48-72 ore, e vivere poi in luoghi sicuri dal punto di vista ambientale non sono in contrapposizione e rappresentano l’obiettivo che ciascuno, per propria area di competenza, è tenuto responsabilmente a garantire.
‘Come’ garantire sicurezza in momenti di crisi, che mettono a rischio la vita delle persone è argomento di competenza scientifica. Il percorso nascita e quello post-natale nei territori montani sono assicurati e costituiscono la base, pianificata e garantita, per evitare l’impoverimento delle area più periferiche”.

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