Videogiochi: “Un’occasione per la famiglia. Se li usiamo bene”

corso di laurea in videogiochiDa demonizzare? Da salvare? Nessuno dei due. I videogiochi possono essere divertenti quanto usati in modo scorretto, educativi quanto rischiosi. Tutto dipende dalla conoscenza che ne si ha. Da qui è nata l’esigenza, per Samuele Perseo, che nella vita fa il narrative designer e il producer, e per Davide Morosinotto che lavora come scrittore, di pubblicare “Video games” (Editoriale Scienza) che arriva dopo “Cyberbulli al tappeto” (con Teo Benedetti), riempiendo un secondo vuoto.
Samuele, lei ha 35 anni. Che cosa è cambiato, in materia di videogiochi, rispetto a quando lei era un bambino?
“Il primo spartiacque che io ricordi è avvenuto nel ’95 con il lancio della Playstation da parte della Sony, che ha puntato a un intrattenimento degli adulti: non che prima, con i video games, giocassero solo i bambini. Ma da quel momento il fenomeno è diventato di massa. L’evoluzione tecnologica, poi, ha dato una mano nel rendere sempre più belli e graficamente più accattivanti i giochi. Per non parlare di quello che è avvenuto dai primi anni duemila, quando l’on-line è diventato sempre più preponderante e, con l’avvento degli smartphone, è cambiato il modo di intendere i videogiochi. Infine, con l’arrivo di Nintendo Wii sono stati coinvolte per la prima volta anche persone prima inavvicinabili, come  gli anziani e i nonni”.

Samuele Perseo
Samuele Perseo

Dal mondo dei pedagogisti che input arrivano rispetto all’utilizzo dei video giochi?
“Non sempre positivi. In generale c’è scarsa conoscenza in materia. Il mondo si divide come sempre tra chi conosce bene il tema, perché è cresciuto anche con i videogiochi, e chi non ne sa nulla, semplicemente per mancata esperienza. Nel libro non ci siamo voluti addentrare, perché non è il nostro mestiere, nei molti studi che dimostrano gli aspetti favorevoli dei videogames. Quello che possiamo dire è che i pregiudizi minano a volte la possibilità di trasformarli in un’occasione per tutta la famiglia, con i dovuti limiti e paletti”.
imgres-3Che cosa fa paura, in genere, ai detrattori?
“Molta della paura è dettata da alcuni casi eclatanti a volte riportati dalla stampa ed enfatizzati a sproposito. Anche noi siamo dell’idea che un bambino o un ragazzo non possa passare interi pomeriggi con i video games. Diciamo sempre che non bisogna tralasciare il gioco all’aperto, la socialità, i film, la musica, la lettura. I video giochi sono qualcosa in più, un complemento, qualcosa che può integrare altre conoscenze e altri interessi”.
Ci sono rischi specifici?
“Il primo, ben prima della dipendenza e della privazione della privacy, è trasformare l’argomento in un tabù: dei videogames, come di Internet e dei social, bisogna parlare in casa, in famiglia. Rimuovere del tutto la questione, evitando così di prenderne consapevolezza, non fa che alimentare un’inutile ansia rispetto alle controindicazioni. Affrontare l’argomento è certo più che faticoso che non farlo. Ma quanto mai necessario per trovare la propria dimensione”.

www.editorialescienza.it/it/libro/video-games.htm

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