“L’esempio più bello”. Marco Griffini, presidente dell’associazione Amici dei bambini (Ai.bi.) definisce così Antonino e Caterina Vinci, una coppia messinese di 34 e 30 anni. I due genitori hanno prima adottato, ad aprile 2013, un bambino della Repubblica democratica del Congo. “Giusto 15 giorni prima che ci fosse il primo blocco delle adozioni in Congo”, ricorda Antonino Vinci. Poi, ad ottobre, la tragedia di Lampedusa e di nuovo la famiglia Vinci sente di poter dare il suo contributo. “Ci sentivamo toccati, volevamo fare qualcosa – racconta ancora Antonino Vinci – e l’unica cosa che potevamo mettere a disposizione era la nostra famiglia”. E così è arrivato in affido Haamid, profugo adolescente nato in Somalia ed inserito nel programma Misna (Minori stranieri non accompagnati). L’affido dei minori non accompagnati è una pratica nuova, che ha causato non pochi problemi a Antonino e Caterina Vinci: “È stato difficile riuscire a strappare questo minore dal centro dove stava e dargli, almeno per un po’, una famiglia normale con cui stare. In prefettura e al Comune di Messina nessuno sapeva di questa possibilità”.

Alla fine i Vinci ce l’hanno fatta e oggi Haamid comunica con il suo nuovo papà grazie a Google translate. È arrivato in casa da pochi giorni e con la lingua ha ancora difficoltà. Per quanto sappiano che sarà solo una parentesi prima che Haamid ricominci il viaggio (impossibile l’adozione, visto che ha ancora una famiglia), i Vinci cercano di offrirgli tutto quello che può dare una famiglia.

Per Antonino e Caterina l’adozione è stata una scelta maturata dall’inizio. “Servono almeno tre anni di matrimonio per poter adottare – spiega ancora il papà – e dopo tre anni e un mese abbiamo fatto domanda per adottare”. L’iter è stato lungo e faticoso, come per tutte le coppie che s’imbarcano in quest’avventura: “I controlli burocratici sono molto lunghi è un percorso difficile. Ma quando ricevi il primo abbraccio, il primo sorriso, tutte le difficoltà svaniscono”. E ora il pensiero di Antonino non può che andare alla famiglia rientrata in Italia senza il figlio adottivo, bloccato in Congo, e alle altre 22 famiglie ancora a Kinshasa in attesa dei documenti per rientrare in patria. “Potevamo essere noi, non posso che esprimergli tutta la mia vicinanza”, dice.

L’Ai.bi. ha premiato la famiglia Vinci come ambasciatrice di pace e buon esempio di integrazione. L’associazione ha consegnato ai coniugi un’icona in lamina d’oro “Giuseppe nel mistero dell’adorazione”, simbolo del significato profondo dell’accoglienza familiare. “Sono rimasto spiazzato quando ho saputo del premio – confessa Antonino Vinci -. Non siamo la famiglia del Mulino Bianco, siamo una famiglia normale. Spero che il senso di questo premio possa essere proprio questo, che tutti possono farcela.

Fonte: Redattore sociale