“Porterò la villocentesi a Forlì”: l’impegno del primario di Ostetricia

La villocentesi, la riabilitazione del pavimento pelvico dopo il parto, le manovre manuali per capovolgere il bambino podalico. A un anno e mezzo dal suo arrivo a capo del reparto di Ginecologia e Ostetricia dell’ospedale di Forlì, il primario Claudio Bertellini sa bene quali sono gli obiettivi da raggiungere nel breve e medio periodo.
Dottor Bertellini, da cosa inizierà?
“Le  esigenze sono molte, a partire dal mio progetto di rendere questa azienda sanitaria autonoma dal punto di vista della diagnostica prenatale”.
Quali esami non si possono fare al momento?
“Né la villocentesi, né la translucenza nucale collegata al B-test. Per quanto riguarda quest’ultimo, il laboratorio di Pieve Sestina si sta organizzando per dare alle donne in gravidanza la statistica del rischio che il feto abbia problemi. Un esame del genere verrebbe eseguito a richiesta, probabilmente senza far pagare nemmeno il ticket, a prescindere dall’età delle pazienti. Mi piacerebbe riuscire a potenziare anche la diagnostica morfologica, l’ecografia che si fa intorno alla 20esima settimana”.
E sull’epidurale, a che punto siete?
“Qui si può fare e io la sostengo molto. Ma ogni donna è libera di scegliere. Per questo, a prescindere dalle mie opinioni, bisogna spiegare per bene di cosa si tratta. Il primo mercoledì di ogni mese organizziamo degli incontri specifici con ostetrica, ginecologo e anestesista”.
Quante donne vi ricorrono?
“Qui a Forlì, il 20% di quelle che partoriscono spontaneamente sceglie il parto in analgesia. E’ una buona percentuale, così come è buono il numero dei parti totali che avvengono in questo ospedale. L’anno scorso siamo arrivati a 1.414”.
Quanti di questi sono cesarei?
“Quando sono arrivato a Forlì erano 32 su 100. Ora siamo scesi a 28. L’ottica è di restare sempre sotto i 30”.
Qual’è la prima strategia da mettere in atto per ridurli?
“Entro la fine dell’anno bisogna realizzare il protocollo che abbiamo predisposto per fare in modo che chi ha subito un cesareo al primo parto, possa partorire spontaneamente al secondo. Alcuni studi ci dicono che c’è un minimo rischio di rottura dell’utero ma è talmente limitato da non giustificare il ricorso incondizionato ad un altro cesareo”.
Quindi valutate caso per caso…
“Esatto. Dove non ci sono controindicazioni procediamo con il parto vaginale. Dove le garanzie non le abbiamo, non corriamo rischi. E’ il caso delle donne africane: non stiamo nemmeno a pensarci e ripetiamo il cesareo, perché non ci fidiamo di molti elementi, tra cui il tipo di filo di sutura che è stato usato”.
Sempre nell’ottica della riduzione dei cesarei, avete tra i vostri servizi i classici metodi per far girare i bambini podalici?
“Abbiamo istituito il servizio di agopuntura e moxa, la prima seduta viene fatta qui poi si prosegue a casa delle pazienti. Il 50% dei bambini si gira. Ma vorrei anche inserire il rivolgimento per manovra esterna, che viene fatta dalla 37esima settimana sotto controllo ecografico. Non abbiamo stime sulla riuscita ma è un ulteriore modo per evitare cesarei”.
Per quanto riguarda il post parto, invece, a che livello siete?
“Purtroppo non abbiamo la riabilitazione perineale per le donne che hanno partorito spontaneamente e che vanno incontro a problemi di incontinenza urinaria. Sarebbe un servizio molto semplice che però, come tutto, necessita di attrezzature, personale e spazi. E’ un servizio che in futuro voglio istituzionalizzare”.

 

 

 

 

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