“Lasciai il posto fisso per fare la fotografa, la maternità mi ha indicato la strada”

«Sono una persona curiosa, mi piace osservare le vite delle persone, entrare nella loro intimità e riuscire, con uno sguardo narrativo e giornalistico, a restituire loro una storia, un racconto. Sento, per questo, una forte responsabilità».

Se ripensa al 2007, quando si licenziò dalla più grande azienda di telecomunicazioni per dedicarsi interamente alla fotografia, Nicoletta Valdisteno pensa che ne sia valsa la pena: «Quell’alzata di testa, quel lasciare il posto fisso per dedicarmi alla mia passione, mi ha portata a vivere una seconda e poi una terza vita. Oggi faccio ciò che mi piace di più, a volte bisogna davvero avere un po’ di coraggio».
Nicoletta Valdisteno

Specializzata nella fotografia documentaria di famiglia, un mondo che ha scoperto poco a poco dopo aver lavorato per varie riviste facendo reportage di viaggio e foto di cucina, Nicoletta, triestina trapiantata a Bologna, dopo essere diventata mamma ha sviluppato una forte passione per le foto di parto: «Ho un bimbo di sei anni, Michele, arrivato quando avevo già 40 anni. Per i primi anni della sua vita mi sono dedicata a lui, restando fuori dal giro dei fotografi. Quando mi sono rimessa in discussione, ho iniziato ad assecondare il mio interesse verso la maternità ad alto contatto, così come agli altri aspetti collegati, come il parto in casa».

Ed è lì che Nicoletta scopre la casa maternità «Il nido» di Bologna, dove le donne partoriscono in un ambiente domestico, alla sola presenza delle ostetriche: «Con loro è iniziato un percorso bellissimo ed emozionante. Per le future mamme che scelgono di aderire sono reperibile da due settimane prima del termine, fino alle due settimane successive. In quel mese dormo con il telefono sul comodino, sono le ostetriche a chiamarmi, a volte in mezzo alla notte. La parte più bella è che le donne mi considerano parte di quella tribù che partecipa alla nascita, mi capita persino di non riuscire a scattare perché mi stringono la mano. E ogni volta che il bambino o la bambina nasce, non trattengo le lacrime».
Un altro progetto al quale Nicoletta ha regolato il suo sguardo e il suo obiettivo è quello della Banca del latte materno donato di Bologna, nata dalla collaborazione tra il Policlinico Sant’Orsola e Granarolo e pensata per i piccoli ricoverati nelle Terapie intensiva neonatali: «Nel mio reportage ho raccontato tutta la “filiera”, dalle mamme che si tirano il latte fino alla somministrazione ai bambini».
E mentre spera di ripartire presto con un il suo nuovo progetto, un viaggio fotografico nei luoghi della «buona nascita» in Italia, dove il parto è il meno medicalizzato possibile, Nicoletta continua a documentare le famiglie che la contattano: «Le mie sessioni sono lunghe, a volte di una giornata intera, perché l’obiettivo è dare valore alla quotidianità, raccontare i momenti “normali”, cercando di non essere invadente né di costruire occasioni speciali da fotografare. Sono privilegiata a poter sbirciare nelle vite degli altri, a entrare così a contatto con le persone, provando a lasciare una testimonianza di ciò che ho visto, sentito, percepito».
Soddisfatta del suo lavoro e del riuscire anche a conciliare lavoro e famiglia, Nicoletta immagina che nel suo futuro possano nascere nuovi interessi, sempre intorno alle donne: «Magari, con l’avanzare dell’età e anche con la crescita di Michele, potrei poco a poco staccarmi dal parto, o dai primi anni di vita dei bambini, per indagare altri fasi, come la menopausa. I mondi da raccontare e poco esplorati sono, in fin dei conti, moltissimi».

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