Molti genitori si mostrano preoccupati del bambino che non dorme e tante sono le domande al pediatra. Ecco cosa fare se il figlio si risveglia spesso dal sonno
a cura del dottor Leonardo Loroni

Il sonno dei bambini piccoli è uno degli argomenti che più spesso arrivano agli ambulatori dei pediatri, che mettono in crisi i genitori, e vengono riportati come difficili da gestire. «Non ce la faccio più» è una delle frasi ricorrenti, specie nelle mamme, che raccontano di sentirsi stanche, tese, frustrate, non senza ripercussioni sulle relazioni familiari di fronte ad un bambino che non dorme.
Dove e come far dormire il bambino?
A differenza del passato, oggi noi pediatri tendiamo a dare più indicazioni sul sonno sicuro, che sulla modalità di addormentare e far dormire i bimbi, consapevoli che ogni famiglia debba trovare le sue per la massima serenità di tutti. Per quanto riguarda la sicurezza, non ci stanchiamo mai di ribadire che il bambino piccolo deve dormire a pancia in su, in un ambiente non troppo caldo, senza cuscini e pupazzi, con la testa scoperta, lontanissimo dal fumo di sigaretta, che in casa non deve entrare nemmeno durante la gravidanza.
Questo vale almeno per i primi sei/otto mesi e riduce il rischio della morte in culla (Sids). Per il resto, è ormai superata la scuola di pensiero secondo la quale i bambini dovevano dormire fin dai primi giorni nel loro lettino e andavano lasciati piangere affinché sviluppassero autonomia e non, al contrario, dipendenza dai genitori. Oggi diciamo che se il bambino dorme bene solo nel lettone, va bene il lettone. Se il bambino dorme nella sua camera, va altrettanto bene. E se il bambino inizia il sonno notturno nel suo lettino e poi ha bisogno, dopo qualche ora, del contatto con i genitori, va bene un’altra volta. Non è un rischio il fatto che, anche per qualche anno, il bambino non passi la notte nella sua camera. Molto più grave, infatti, è che si senta solo, abbandonato, non compreso nelle sue paure.
Bambino che non dorme: come comportarsi e i falsi miti
Io dico sempre che ci vuole flessibilità, adattamento, ricerca della soluzione migliore per essere, tutti, il meno stressati possibile. E in questo essere flessibili, bisogna abbandonare i falsi miti, come quello che indica il latte artificiale come la strada per far dormire il bambino più a lungo. O come quello per cui il contatto prolungato non fa bene, perché il bambino non si staccherà più.
In linea generale, poi, nei primi anni di vita i risvegli dei bambini sono fisiologici: se il bambino di giorno gioca, socializza, è sereno, non bisogna preoccuparsi se di notte non fa una tirata, o se sembra agitarsi durante il sonno, quando invece rotola e fa piccoli versetti perché è normale che faccia così. Certo, dare delle regole e mantenerle è fondamentale, visto che i più piccoli sono abitudinari. Ma bisogna tenere a mente che i cambiamenti, nei primi anni di vita, sono frequenti.
Ci sono bimbi che dormono senza problema nei primi sei mesi, poi cambiano i ritmi notturni, non necessariamente perché la mamma è rientrata al lavoro. Le fasi ci sono, dobbiamo solo imparare a interpretarle. Così come dobbiamo imparare a capire che quelle che ci appaiono come stranezze, come quando il bimbo a casa si sveglia e se resta a dormire dai nonni no, non lo sono per niente: i figli lo sanno benissimo, che quelli sono i nonni e non la mamma e il papà. Allora consiglio di lasciarli più spesso, anche per recuperare il tempo e la dimensione della coppia.
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