«Quest’anno ci sono io, lo sai che ti rovino».
Un anno scolastico può iniziare anche così, con un’insegnante che prende di mira un ragazzo e gliene fa passare, da settembre a giugno, un po’ di tutti i colori. A parlare di quel ragazzo, reduce dalla maturità in un istituto superiore tecnico di Ravenna, è sua madre, che non è nuova alle richieste di chiarimenti e alle lettere inviate al preside. Così come non è nuova alle frustrazioni di suo figlio, che a detta sua ha un carattere forte e l’esito degli ultimi tre anni di scuola (un inaspettato 62 su 100 all’esame) forse se l’è già messo via. Ma al di là delle azioni legali e dei ricorsi su cui, in casi come questi, le famiglie possono imbarcarsi sperando di ottenere qualcosa, è alzare la voce sulle ingiustizie che possono correre anche tra i banchi di scuola, ora, a contare.
«I problemi sono iniziati in terza – racconta la donna – quando mio figlio si è ritrovato, come prof di matematica, una docente che l’anno prima aveva lavorato nella sua classe come insegnante di potenziamento. Evidentemente, già in precedenza, lo aveva puntato. Al primo compito in classe, avendo preso 5, mio figlio ha chiesto chiarimenti. Non gli sembrava, infatti, di essere andato così male. Ma lei gli ha risposto che non avrebbe dato spiegazioni, perché tanto non le avrebbe capite. Lui si è impuntato, ha risposto che averle era un suo diritto, che lei era pagata anche per questo. Da quel momento, non c’è stata più vita». Poco tempo dopo, un giorno, parte della classe esce cinque minuti prima del suono della campanella: «L’insegnante ha colto l’occasione per indire un’assemblea straordinaria, proponendo la sospensione per i ragazzi coinvolti. Peccato che a tutti sia stato dato un giorno tranne a mio figlio, che ne ha presi tre. La docente, pur non essendo stata presente, ha avuto il coraggio di dire che era stato lui a guidare i compagni in quella ribellione, che era un delinquente e andava raddrizzato, salvo poi ritirare quelle accuse, motivando la sospensione più lunga col fatto che mio figlio aveva insistito per avere spiegazioni rispetto al cinque preso nella verifica, cosa che non c’entra nulla, a mio parere, con la maleducazione, come lei ha tentato di dimostrare. Il preside, a quel punto, mi ha consigliato di lasciar perdere e mi ha tranquillizzata che, a causa della condotta, mio figlio non avrebbe comunque perso l’anno. A giugno, quando lui si è ritrovato il debito in matematica, il dirigente mi ha addirittura consigliato di far cambiare sezione a mio figlio, come se il problema fosse lui e non la docente».
A settembre, come per magia, il ragazzo ripara il debito e l’insegnante, in quarta, non c’è più: «Per tutto l’anno, in matematica, ha avuto 7. Nelle altre materie ha continuato a essere sopra la sufficienza, considerando anche che, per impegni sportivi agonistici a livello internazionale, ha perso circa un mese e mezzo di scuola. Insomma, tutto liscio, fino a che, in quinta, quella prof è tornata. All’inizio mio figlio era scioccato, non ci poteva credere. Noi lo abbiamo rassicurato, spiegando anche al preside che, alla prima angheria, ci saremmo rivolti alle forze dell’ordine».
Tutto fila liscio fino al lockdown, poi i problemi ricominciano: «Dopo aver preso buoni voti per la prima parte dell’anno, nella verifica del 18 febbraio mio figlio ha preso addirittura 1, un voto assurdo non seguito da chiarimenti. All’interrogazione successiva fortunatamente gli è stato dato 7 e mezzo ma a quel punto la media era rovinata. E così, è stato presentato con sei alla maturità, dove la docente di matematica era commissario interno». E dove, stando ai racconti del ragazzo, lei lo ha messo in difficoltà, liquidandolo in poco tempo: «Lui era ottimista, pensava di riuscire a prendere 70, se non 75. Noi lo avevamo avvertito che secondo noi avrebbe preso al massimo 70, considerato il contesto. Ma di certo, un 62 non lo avevamo messo in conto. Ci sono stati persino compagni che durante l’anno avevano avuto un rendimento certo peggiore e hanno avuto una valutazione maggiore. Una situazione davvero inspiegabile».
A fare arrabbiare ancora di più i genitori del ragazzo è stato l’atteggiamento degli altri professori: «Quando mio figlio ha chiesto spiegazioni, la docente di inglese gli ha risposto di non essere per nulla d’accordo con il voto finale, mentre il coordinatore non gli ha nemmeno risposto. Alla cena di classe, insieme a una collega, gli ha invece detto che se lo sarebbe dovuto aspettare perché, testuali parole, aveva “fatto schifo”. E che, comunque, nella vita prendere 62 o 100 è la stessa cosa. Un atteggiamento davvero poco professionale». Resta, in famiglia, tanta amarezza: «Insegnanti così possono davvero danneggiare gli studenti, soprattutto quelli più fragili. Fa male vedere tanta omertà intorno alla questione. E anche il comportamento della dirigenza è biasimabile: dopo due lettere di richiesta chiarimenti, al colloquio per il quale ci era stato dato appuntamento non siamo riusciti ad entrare. Avevamo chiesto puntualità per motivi di lavoro ma tutto è slittato in avanti. Con il risultato che siamo andati via con un pugno di mosche in mano».
In questo articolo ci sono 0 commenti
Commenta