Giulia e Cristian, “quasi amici” o forse amici per davvero

“Il regalo più grande che mi ha fatto Cristian è stato quello di riuscire ad abbattere il muro che sentivo nei confronti della disabilità, un mondo che non avevo mai conosciuto prima di lui. Il regalo più bello che io ho fatto a lui è costruire un legame in modo naturale, senza forzature, permettendogli di essere meno solo, meno isolato”.

Giulia Orlandini, 25 anni, di Reggio Emilia, è la coordinatrice di “Quasi amici” (che ha visto gli albori a Carpi), un progetto che vede la collaborazione tra Unimore e l’associazione “Il tesoro nascosto” e che grazie all’impegno di ragazzi e ragazze volontari tende la mano ai loro coetanei con disabilità, studiando abbinamenti che poi si traducono in molti casi in legami ed amicizie durature. Giulia si è avvicinata quando, da studentessa della triennale in Scienze e tecniche psicologiche, si è vista proporre da uno dei suoi insegnanti, in vista del tirocinio, il coordinamento del progetto (ruolo che svolge tutt’oggi), diventato poi argomento della sua tesi di laurea: “Poi è successo che Cristian Viscione, che adesso ha 21 anni, ha fatto notizia in tutta Italia per aver lanciato un appello per trovare amici, obiettivo per il quale si era detto disposto a pagare. E così abbiamo trovato una volontaria per lui: dopo averla accompagnata a conoscerlo, Cristian ha iniziato a scrivermi e poco a poco ho cominciato anche io a uscire con lui e a vederlo, a volte con e altre senza la sua prima ‘amica’”.

In Giulia, sarebbe ipocrito non dirlo, lo scetticismo c’era eccome: “Cristian ha la Sma, vive su un lettino, muove solo gli occhi, la bocca e qualche dito. Ha la tracheotomia e comunica attraverso un labiale tutto suo e con il computer. Ero molto spaventata dalla situazione ma è stato lui ad accompagnarmi per normalizzare la situazione e metterla, a dire il vero, anche molto sul ridere. Ha un’ironia sviluppatissima che ci aiuta a sdrammatizzare e anche a prendere un po’ in giro chi, quando usciamo, si avvicina con pietismo a dire ‘poverino’, come se lui non sentisse e non capisse. C’è anche chi, dopo aver spiegato che Cristian è perfettamente in grado di comprendere, continua a trattarlo come un bimbo piccolo. Quante volte mi ha fatto ridere dicendomi ‘ma poverino a chi?’. L’ironia serve anche a oliare il nostro rapporto, ad avvicinarci: è capitato che, fuori di casa, gli dicessi il classico ‘arrivo, non muoverti’. Ovviamente lui mi ha risposto ‘ma dove vuoi che vada?'”.

A Reggio il progetto coinvolte una trentina di volontari e altrettanti ragazzi con disabilità: “Per gli studenti 24 ore di volontariato equivalgono a quattro crediti formativi. Finita quell’esperienza, però, molti continuano, dando ancora più valore e senso al tutto. In fondo, si tratta di un progetto molto semplice e facile da implementare. Se la relazione non nasce, si cambia, l’importante è la spontaneità, l’importante è valorizzare ciò che il ragazzo con disabilità e il suo volontario hanno voglia di fare insieme: una torta, una merenda, una passeggiata? Che cosa c’è di più facile? Ben venga se altri territori ‘copieranno’ questa bellissima esperienza.”.

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