Arrivano all’Ausl di Modena – la prima in Italia ad adottarle in modo intensivo nel suo centro di Senologia – altre “cuffie di ghiaccio”: grazie alla collaborazione con partner locali si amplia l’utilizzo dello scalp cooler, tecnologia nata per contrastare uno dei più spiacevoli effetti collaterali dei trattamenti chemioterapici in oncologia, vale a dire la perdita dei capelli.

Uno scalp cooler completo di due cuffie per il trattamento simultaneo di due pazienti è stato al Day service oncologico di Sassuolo, dono dell’associazione Per Vincere Domani, che da sempre collabora con l’Azienda USL per sostenere i pazienti e che ha fatto da collettore per una pluralità di donatori della Comunità locale. Una cuffia di ultima generazione completa invece la dotazione dello scalp cooler al Day Hospital oncologico di Carpi (il primo introdotto nel Servizio sanitario nazionale), grazie al contributo di Figurella Carpi. La tecnologia è presente infine anche all’ospedale Santa Maria Bianca di Mirandola.

Si tratta di un dispositivo indicato per pazienti che inizino un trattamento adiuvante o neoadiuvante per neoplasia mammaria o ovarica; da quest’anno inoltre è proposto anche ad alcuni uomini con tumore alla prostata che lo stanno sperimentando con ottimi esiti. A beneficiarne finora sono state in tutto più di 300 persone.

Migliora la qualità dell’assistenza ai pazienti oncologici durante la terapia farmacologica: i risultati sono in linea con la letteratura scientifica internazionale, con l’80% di successo nelle terapie meno alopecizzanti e una media del 55-60% fra tutte le terapie (anche su farmaci che hanno un forte impatto sulla perdita dei capelli vi è una percentuale di successo, considerata alta, del 25%).

Una paziente ha detto: “Esistono molti rimedi per nascondere agli altri la malattia, ma una parrucca, quando si rimane da soli con se stessi, è percepita come una finzione. Molte persone ammalate di tumore inoltre, continuano a lavorare durante la terapia: ridurre o eliminare uno degli effetti collaterali più visibili è di fondamentale importanza per la salute psico-fisica e la fiducia in se stessi, con ricadute positive sul modo di affrontare le difficoltà legate alla malattia e alla cura”.

Lo scalp cooler

La tecnologia dello scalp cooler è composta da una cuffia in silicone morbido collegata ad un impianto frigorifero compatto. Viene posta sulla testa del paziente prima, durante e dopo il trattamento chemioterapico e agisce attraverso il raffreddamento controllato del cuoio capelluto che, producendo una sensibile riduzione del flusso di sangue ai follicoli piliferi, riduce anche la percentuale di farmaco che vi giunge, preservando così il capello dalla distruzione. Ridurre al minimo questo disagio significa migliorare la fiducia in se stessi dei pazienti e stimolare atteggiamenti positivi verso la terapia.

Perderò i capelli?

La perdita dei capelli a seguito di alcuni trattamenti di chemioterapia si verifica a causa dell’atrofia parziale o totale della radice del bulbo pilifero, ‘attaccato’ dal farmaco.

Cosa fa lo scalp cooler

Contrasta l’effetto alopecizzante di alcuni farmaci durante il trattamento chemioterapico per il carcinoma alla mammella e per il tumore alla prostata.

Come agisce

Posta sulla testa prima, durante e dopo il trattamento chemioterapico, la cuffia porta gradualmente la temperatura del cuoio capelluto a -4°C, restringendo i capillari. La sensibile riduzione del flusso di sangue ai follicoli piliferi riduce in maniera drastica anche la percentuale di farmaco chemioterapico che raggiunge il capello tramite il flusso sanguigno. La temperatura è mantenuta costante per tutto il periodo del trattamento – da circa 20 minuti prima e continuando a fine seduta – per un periodo di tempo che può variare da 45 minuti sino a 2 ore.

Chi la usa

A Carpi dal 2013 al 2017 sono state trattate 207 persone (di cui un uomo), nel 2018 35 donne e 5 uomini hanno iniziato a utilizzarla, per un totale di 247 pazienti. A Mirandola (dall’acquisizione a febbraio 2017 ad oggi) 24 donne. A Sassuolo (dall’acquisizione a settembre 2017 ad oggi) è in uso su 37 donne.

Risultati

A seconda degli schemi di chemioterapia i farmaci hanno un impatto più o meno forte sulla perdita dei capelli. La percentuale media di successo (vale a dire con alopecia assente o minima) è del 55-60%.

Come nasce la cuffia refrigerata

La storia inizia in Gran Bretagna negli anni ’50, dagli imprenditori della famiglia Paxman, con l’invenzione di un sistema di raffreddamento per la birra. La produzione dell’azienda, però, è destinata a mutare radicalmente: la moglie del figlio del fondatore, infatti, si ammala di tumore al seno. E il consorte Glenn, aiutato dal padre, decide di investire tutta la propria conoscenza nel campo dei sistemi di raffreddamento per plasmarli e renderli utili ai malati di tumore che devono sottoporsi alla chemioterapia. Stando vicino alla moglie, Glenn si rende ben presto conto di quanto sia difficile accettare, soprattutto per una donna, la perdita dei capelli durante i trattamenti chemioterapici. Lei diventa così la prima donna a sperimentare la ‘cuffia’, anche se lo strumento, ancora ‘primitivo’, non sortisce l’effetto sperato e la malattia strappa a Glenn la moglie per la quale ha tanto lottato. Ma ormai la famiglia ha segnato la propria storia: dopo diversi studi, nel 1997, Paxman produce il primo prototipo ufficiale della ‘cuffia’ che viene installata presso la Huddersfield Royal Infirmary.