Alessandro Milan

“Dopo la morte di Francesca non volevo scrivere nulla, mi sembrava di dover indagare qualcosa di troppo doloroso. La lettera che avevo pubblicato per lei sui social, inaspettatamente, mi aveva travolto. E mi sembrava bastasse. Poi ho capito che contro quel muro di sofferenza non sarei potuto andare a sbattere, che lo avrei dovuto attraversare. E ho provato a usare la scrittura come terapia, come mia moglie mi aveva insegnato“. Ha parlato così, ieri alla Settimana del Buon Vivere di Forlì, il giornalista Alessandro Milan, che ha presentato il libro “Mi vivi dentro” e la mostra “In viaggio con Wondy” dedicati a Francesca Del Rosso, detta “Wondy”, scomparsa nel dicembre del 2016 a causa di quelli che lei aveva chiamato, all’inizio della malattia, i “sassolini” ma che non aveva timore a definire “cancro”.

La battaglia di Milan, oggi, è quella di diffondere il concetto di resilienza che Francesca tanto incarnava, quella capacità di non piegarsi davanti alle avversità, di ritrovare comunque un senso, una chiave, un motivo per andare avanti. Concetti che porta avanti tramite l’associazione “Wondy sono io” che organizza anche un premio per la letteratura resiliente: “L’ultima apparizione televisiva di Francesca è stata alle Invasioni Barbariche, poco dopo che le avevano comunicato la recidiva. Era un venerdì, tre giorni dopo sarebbe tornata in sala operatoria. Quando Daria Bignardi le ha chiesto come stesse, lei ha risposto ‘Sto bene!’. Io ero in lacrime a guardarla”.

Tante lacrime, Milan, le ha versate anche durante la scrittura del libro: “Alla faccia dell’uomo duro, che non deve piangere, io ho buttato fuori tossine e veleno. Un’operazione che non è servita a rimuovere il lutto ma ad elaborarlo. Del resto, il libro parla di vita e di amore, di una normale storia d’amore che a un certo punto, sul proprio cammino, incontra un inciampo. Credo di essere diventato resiliente anche io, passando tanti anni con Francesca e poi scrivendo: forse è stato più semplice che per altri, ho preso il testimone di una persona, mia moglie, che nella malattia ha dimostrato una forza impensabile”.

E la resilienza, Milan, l’ha appresa anche dai suoi figli Angelica e Mattia, oggi 12 e 10 anni: “Loro sono dei veri maestri, in questo senso. Quando Francesca è morta io ero a casa con loro, in ospedale con lei era rimasta sua madre. Appena è arrivato il messaggio, la casa si è riempita di amici, loro si sono svegliati e hanno pianto per una decina di minuti. Poi, vedendo tutta quella gente in salotto, hanno detto: ‘Adesso facciamo un bel pigiama party?’ . Questo non significa che non soffrissero, che non soffrano. Ma è la dimostrazione di quanto siano plastici e di quanto abbiano sempre guardato a ciò che di bello, della loro mamma, è rimasto“. A Natale, due settimane dopo la scomparsa di Francesca, Milan e i bambini erano alle Maldive: “Una follia sotto ogni punta di vista – recita il pannello conclusivo della mostra, visitabile negli orari di apertura dei Musei San Domenico -. La vita ti impone di andare avanti. Se ti fermi, per quanto lo fai? Chi, o che cosa, decide quando puoi tornare a vivere?”.