Trapiantato undici anni fa, porta la sua tesina sul cuore in ospedale

Si chiama Efrem Trevisan, è friulano, ha quasi 19 anni e qualche settimana ha portato al Sant’Orsola di Bologna due copie della tesina presentata all’esame di maturità al liceo scientifico: una per il dottor Luca Ragni e una per il dottor Gabriele Bronzetti. La tesina si intitola “Tra il pianto”: un nome che, al netto dell’articolo determinativo, riporta i ricordi a undici anni fa, quando Efrem, in seconda elementare, venne trapiantato di cuore.

Una storia incredibile, la sua, raccontata dalla mamma Vania Monte: “Alla fine della prima elementare, nella classe di mio figlio ci fu un’epidemia di Parvovirus che portò diversi bambini a prendere la quinta malattia. Efrem no, non presentava sintomi. Ma alla fine di agosto, un giorno, cominciò a vomitare e a faticare a fare le scale. Secondo l’ospedale era una gastroenterite ma la mattina dopo non si reggeva in piedi. Il pediatra si accorse che aveva 180 battiti al minuto. Al Burlo-Garofolo di Trieste, dove fummo trasferiti, ci venne confermato che la situazione era drammatica: i polmoni erano pieni d’acqua, mio figlio era vigile ma privo di forze. Al Cattinara, sempre a Trieste, venne stabilizzato con i farmaci in terapia intensiva e poi mandato al Sant’Orsola, dove rimanemmo due mesi”.

Fu proprio a Bologna che i medici capirono che la miocardite dilatativa era stata causata dal Parvovirus B19: “Tornammo a casa il 2 novembre dopo una degenza nella quale avevamo incontrato persone straordinarie, tra cui quelle dell’Associazione Piccoli Grandi Cuori. Ma dopo qualche mese la situazione precipitò di nuovo: Efrem si era gonfiato, non urinava, il cuore rallentava, il ventricolo sinistro era compromesso. Sapevamo che il trapianto sarebbe stato la luce in fondo al tunnel nel caso non avessimo risolto”. E così fu: “Dopo 24 ore dall’inserimento in lista d’attesa, Efrem vene chiamato per il trapianto: il cuore veniva dalla Sardegna, da un ragazzo più grande di lui”.

Ma non era finita lì: “A parte il primo rigetto, che è di prassi, pochi giorni prima di tornare a casa Efrem ebbe un ictus e si ritrovò con la parte sinistra del corpo paralizzata. Rientrammo il 19 giugno, in carrozzina. Un giorno, poi, gli raccontai la verità, dicendogli che aveva ricevuto un grande dono. Oggi fa una vita normale, deve solo rinunciare allo sport”.

E a confermarlo è proprio lui, Efrem: “Non sento di condurre una vita diversa da quella degli altri. Ho pienamente accettato la la mia storia e non ho mai dato la colpa a nessuno. A settembre inizio Filosofia all’Università”.

 

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  1. L’esempio di vita di Efrem aiuta a capire quali sono i valori e ad avere fiducia: a noi non è dato sapere cosa sarà, ma ogni giorno va vissuto con impegno e riconoscenza.

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