Erano state le seconde a unirsi civilmente a Bologna. A causa della malattia di una delle due (la chiameremo Serena), alle due donne era stata data la precedenza. E ora che Serena non c’è più, la “moglie” (che chiameremo Roberta) ha scritto una lettera a Michele Giarratano, marito di Sergio Logiudice e avvocato per i diritti Lgbt. Lettera pubblicata anche sul suo blog lucahaduepapà.
Nella lettera, Roberta esprime il suo dolore per la perdita ma anche che cosa significa essere vedova: “Ora sono ufficialmente la prima vedova same-sex della città. Un primato a cui avrei rinunciato volentieri perché, come ripeto spesso, morire a 50 anni appena compiuti è proprio una schifezza. Lei ed io abbiamo fatto la storia di Bologna, in qualche modo, e abbiamo abbattuto tanti muri con la tenacia, la determinazione e la discrezione risoluta che ci contraddistingueva. In ospedale, negli uffici, in banca, dal notaio mi dichiaravo e mi dichiaro tranquillamente ‘moglie’ (vedova) di un’altra moglie e ho trovato sempre riconoscimento, preparazione sull’argomento (la legge 7672016) e disponibilità (tranne in Posta dove, non ho capito se per ignoranza o altro, la direttrice pareva non riconoscermi come erede, ma sono dettagli). La sera in cui è venuta a mancare Serena, una nostra amica felicemente eterosessuale (in una società civile non sarebbe necessario sottolinearlo, ma in questo contesto rende bene l’idea della partecipazione affettiva ed emotiva) mi ha detto ‘per fortuna che vi siete sposate!’ e non ti annoio sui perché che puoi immaginare. Bene, tutto questo andrebbe raccontato ai politici che ancora scorgono del morboso nelle ‘unioni civili’: nella gioia e nel dolore, in salute e in malattia avvengono incontri di Anime che sono incontri d’Amore, e che godono e subiscono gli eventi della Vita esattamente come chi contrae un matrimonio ‘convenzionale. La società si cambia con l’esempio e noi lo eravamo, mettendoci la faccia, usando un linguaggio nuovo (io ho sempre detto, anche se normativamente non esatto, ‘mia moglie’), perché forse anche grazie a questi piccoli tasselli i giovani di domani saranno più liberi di essere chi sono e non dovranno più vergognarsi o dare spiegazioni”.
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