I genitori non possono imporre la propria religione ai figli

Importante sentenza della Corte di Cassazione, prima sezione civile. Con il pronunciamento numero 12954/2018 i giudici hanno respinto il ricorso di un padre che voleva imporre la sua nuova religione alla figlia di 12 anni. La vicenda era nata a Livorno, città di residenza dei due, poi è approdata alla corte di Appello di Firenze ed, infine, è arrivata al terzo grado di giudizio.

La dodicenne, nata da un rapporto di convivenza ormai concluso, quando si trovava col padre aveva manifestato disagio. Essenzialmente non voleva partecipare alle cerimonie della nuova religione del padre, che dalla cattolica era passato ai testimoni di Geova. La causa, che si inserisce in un regime di affido condiviso, è stata lunga e tormentata ma alla fine ha visto prevalere le ragioni della minorenne la quale, secondo i giudici, poteva essere turbata nella propria crescita emotiva nel seguire le nuove credenze del genitore. Essendo stata allevata secondo i principi cattolici, la conversione del padre le pareva incomprensibile, poco giustificabile.

In generale i giudici hanno stabilito che i principi a tutela della libertà religiosa consentono di educare i figli nella propria fede purché, “nel rispetto delle loro inclinazioni, questi siano lasciati liberi di scegliere se e in cosa credere”. Insomma, c’è un interesse superiore che è quello della prole, che si impone sulle credenze dei genitori e su qualsiasi religione. La libertà individuale del minore deve essere salvaguardata: c’è il diritto di credere (anche ai supereroi, eventualmente) così come di infischiarsi di qualsiasi manifestazione religiosa.

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