Caterina, aspirante assistente sessuale per disabili: “Spero di essere all’altezza”

(Foto d’archivio)

“Ho solo il timore di non essere all’altezza, di non essere abbastanza. Ansie che, in ogni caso, vivo quotidianamente nel mio attuale lavoro”. Caterina Di Loreto, 30 anni, nella vita fa l’educatrice scolastica per bambini con disabilità a Bologna. Qualche anno fa, mentre si occupava di un tredicenne con ritardo cognitivo e minorazione uditiva che aveva scoperto il proprio corpo e l’autoerotismo ma non era in grado di gestire la differenza tra dimensione pubblica e privata, si trovò di fatto a improvvisare un progetto – poi piaciuto molto all’Asl – sull’educazione affettiva, emotiva e sessuale dell’alunno.

E mentre cercava documentazione sul tema, restando del tutto insoddisfatta perché di materiale, di fatto, non ce n’era, si imbatté nella battaglia di Love Giver per istituire il primo corso formativo per assistenti sessuali: “Il mio desiderio, durante i tre anni di attesa affinché iniziasse la formazione, era quello di migliorare la mia professionalità sugli argomenti del corpo, della scoperta di sé, del piacere nelle persone con disabilità. Solo frequentando ho capito che l’Oeas, operatore all’emotività, all’affettività e alla sessualità, è una figura ben distinta e che non si limita, come la definizione di assistente sessuale potrebbe indurre a pensare, alla parte pratica legata alla masturbazione. Noi operatori andremo a lavorare su una dimensione molto più ampia dove la parte fisica è senz’altro importante ma non è la sola. Dopo di noi, le persone disabili potranno continuare il loro percorso di scoperta di sé in altri modi o con altre persone”.

Caterina, formandosi, ha anche capito che non è il livello di gravità della disabilità l’unico elemento che influenza la possibilità di provare piacere, stare bene con il proprio corpo e raggiungere uno stato di benessere: “Altre variabili, come il contesto familiare e le caratteristiche della persona, sono altrettanto importanti. Insomma, nulla di semplice. Qui siamo davanti a una complessità notevole. Non a caso non credo che noi Oeas saremo la soluzione o il punto di arrivo ma soltanto un valido punto di partenza“.

In attesa di iniziare il tirocinio, Caterina ha condiviso con familiari e amici il proprio obiettivo: “Non ho percepito il peso del tabù che spesso vige sulle tematiche legate al sesso. Al contrario, ho sentito una gran curiosità di conoscere meglio le funzioni di questa nuova figura. Anche la mia compagna, che approva il mio percorso, ha avvertito prima di tutto il bisogno di capire”.

In questo articolo ci sono 0 commenti

Commenta

g