Luca Grandi: “Venticinque anni senza sapere di essere dislessico”

Luca Grandi

Luca Grandi ha capito di essere dislessico quando, per lavoro, ha iniziato ad avere a che fare con Giacomo Stella, uno dei massimi esperti di disturbi specifici dell’apprendimento: “Era il 1990 e la cooperativa Anastasis di Bologna, dove lavoro ancora oggi, organizzava già da qualche anno corsi di informatica per sordi, non vedenti, disabili motori, accorgendosi che la tecnologia poteva intervenire ancora prima, a monte. Così iniziammo a progettare i primi software didattici per ragazzi con difficoltà”.

Luca interverrà giovedì 10 maggio a Bologna (Via Piero della Francesca, 1/2, pre 21) all’incontro “Dislessia – Strategie di successo” nell’ambito del ciclo organizzato da APE Onlus “Resilienza e relazioni per il benessere delle nuove generazioni”. Occasione organizzata in collaborazione con l’Associazione italiana dislessia nella quale racconterà di essere stato ignaro rispetto ai propri problemi per 25 anni: “Stella mi descriveva casi e situazioni nelle quali mi identificavo in pieno. E quando creammo il primo prototipo per la sintesi vocale, uno degli strumenti compensativi per i Dsa, mi accorsi che faceva anche al caso mio. Da quel momento presi consapevolezza del fatto che funzionando su di me, alcuni strumenti potevano aiutare anche gli altri”.

Rivedendo la sua vita scolastica a ritroso, in effetti Luca qualche campanello d’allarme l’ha poi trovato: “Da piccolo ero il classico bambino insospettabile: educato, biondo, con gli occhi azzurri. E in un mondo che non conosceva la dislessia, venivo sempre giustificato. Ma dopo la quinta elementare ricordo di avere smesso di leggere ad alta voce. Così come in mente mia madre che, quando mi regalavano un libro, diceva che a me non piaceva leggere”.

Dopo una scuola professionale, Luca si iscrive a Ingegneria, accorgendosi che gli altri sono sempre un passo avanti: “Dopodiché sono passato a Pedagogia, riuscendomi a laureare e scoprendo, intanto, di essere dislessico, disgrafico e disortografico. Non essendo anche discalculico, la matematica è sempre stata un po’ il mio riscatto”.

La questione che oggi sta più a cuore a Luca è la frustrazione scolastica che molti studenti in condizioni simili alla sua provano: “Oggi è certo meglio che quando studiavo io. Ma una piena e profonda comprensione del problema, ancora, non c’è. Molti insegnanti pensano ancora di favorire e facilitare i ragazzi dando loro la possibilità di usare gli strumenti compensativi. Il punto è che non è così, perché senza quegli strumenti quel compito in classe non avrebbe senso. Ho visto una ragazzina modificare le mappe a seconda della materia, preoccupata di doversi adattare alle esigenze dei singoli insegnanti. Quella di italiano vuole che le parole scritte siano al massimo due per concetto, quella di inglese che non ci siano traduzioni: è la dimostrazione che i professori non hanno chiaro quale sia il problema”.

A un recente convegno organizzato dall’Aid per spiegare i diritti dei Dsa e come tutelarli, Luca non si aspettava tanta sofferenza: “Umiliazioni e battute sono all’ordine del giorno nella vita dei ragazzi e delle ragazze. E analizzando i vari casi riportati, spesso gli avvocati presenti concludono che non resta che denunciare“.

Gli incontri sono gratuiti ma è possibile iscriversi.
Per prenotazioni scrivere a segreteria@apeonlus.net oppure contattare il numero di tel. 3277382049.

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