L’anno scorso un gruppo di mamme ha fatto pressioni affinché suo figlio venisse mandato via da scuola. Quest’anno, nel nuovo istituto, il sostegno copre solo nove ore settimanali. E non sono lontani i momenti in cui le insegnanti lo mettevano in un angolo a disegnare perché lo ritenevano incapace di seguire le lezioni. Anna B., di Roma, è la mamma di un bambino di nove anni diagnosticato Adhd (disturbo da deficit d’attenzione/iperattività) e che soffre anche di ansia, disturbo oppositivo-provocatorio, oltre ad avere un ritardo motorio importante e la disprassia (problema motorio e di coordinazione) a causa della sofferenza fetale subita durante la nascita.
Tra tutte le difficoltà che incontrano lui e sua madre, separata, c’è al primo posto il forte isolamento sociale: “Sono anni che cerco di spiegare che mio figlio non è un rompiscatole ma che ha un problema. Ma le persone non capiscono, non accettano, anche per il fatto che l’Adhd è invisibile. Persino da judo, nonostante fosse in un gruppo con ragazzi con disabilità evidenti, è stato mandato via perché disturbava. Oltretutto, gli è stato riconosciuto un quoziente intellettivo più alto della media che lo fa però soffrire il doppio: delle sue difficoltà e di quello che gli accade, compreso il rifiuto da parte degli altri, è ben consapevole. Un mese fa mi ha detto che non vuole più vivere così, gettandomi nell’angoscia più totale”.
L’unico supporto Anna lo ha trovato nell’Aifa, dove partecipa ai gruppi di parent training e dove il figlio segue la terapia cognitivo-comportamentale e un gruppo sullo sviluppo della abilità sociali: “Ma fuori da lì un disastro, non ho trovato comprensione nemmeno nella mia famiglia. Ti guardano sempre come se fossi pazza o incapace di gestire e crescere tuo figlio. Oltretutto bisogna combattere per ogni cosa: sono quattro anni che la mia richiesta per ottenere l’indennità di frequenza è ferma, senza contare quelli che ho passato prima della diagnosi. Mio figlio è stato sballottato a destra e a manca tra le ipotesi più assurde: autismo, Asperger e chi più ne ha più ne metta. Tutto, così, è sfinente: arrivo al venerdì sera che sono una persona finita”.
La paura di Anna riguarda specialmente il futuro: “Se dovessi venire a mancare io, chi si occuperebbe del mio bambino? Lui stesso mi dice che sono l’unica al mondo che lo capisce”.
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