Roberta, ceramista Ravenna-Dubai: “Le donne faticano il doppio ovunque”

Roberta Barlati

Quattro anni fa, per seguire il marito che si spostava per lavoro, ha lasciato Ravenna insieme al figlio che aveva appena finito le superiori e si è trasferita a Dubai, dove nonostante la fatica di una vita da cambiare all’improvviso, ha trovato nuove opportunità di lavoro alle quali non avrebbe mai pensato. Roberta Barlati, ceramista 58enne, giovedì 5 ottobre alle 18,30 sarà al Grinder di Ravenna (via di Roma 178) a raccontare la sua esperienza durante l’incontro “Racconti da Dubai” inserito nell’iniziativa Farini Social Week. Dove non mancherà di parlare di pari opportunità e diritti delle donne, tema che le sta parecchio a cuore.
Roberta, lei ha fatto la ceramista per trent’anni. Ora si sta dedicando alla scultura. Che mondo è, il suo, per una donna?
“Ho sempre toccato con mano, purtroppo, la difficoltà di essere accettata dal mercato in quanto donna. Io per molti anni ho avuto la partita Iva, situazione oggi molto attuale tra i giovani. E non nascondo che per lungo tempo sono riuscita a lavorare solo perché ho tenuto i prezzi bassi. Non amo il vittimismo ma lo svantaggio, per le donne, è netto: nel mio caso, lavorando da sola, dovevo riunire in me stessa tutte le fasi del lavoro, dall’ideazione alla commercializzazione, passando per la produzione. La ceramica, poi, fa rima con fatica: quella di sollevare e lavorare un materiale pesantissimo”.
Se li ricorda, i primi tempi della maternità?
“Sì. Lavorando in proprio ricordo di aver apprezzato più i pregi, che i difetti di un mestiere autonomo. Ho portato mio figlio al nido molto presto, mi sono gestita il lavoro nei tempi che si conciliavano ai suoi, rinunciando solo ai mercatini e tenendomi i clienti più importanti e i negozi che servivo”.
Che opportunità è stata, a un certo punto della sua vita, Dubai?
“Sono partita con tantissime perplessità, convinta che non avrei combinato nulla. Sono arrivata da perfetta sconosciuta e non immaginavo che mi si sarebbero aperte delle porte. Invece, sebbene a rilento, le possibilità ci sono state: mi sono riavvicinata alla scultura, ho lavorato per lo studio di un libanese e insegnato ceramica in una scuola. Belle occasioni che non hanno comunque celato il maschilismo che anche in Italia avevo sperimentato. Credo non esista un posto al mondo dove la strada, per le donne, sia spianata. Dubai non è l’Arabia Saudita, le donne lavorano. Ma anche se solo l’8% della popolazione femminile è composta da donne del posto, la voglia di emancipazione è fortissima e lontano dall’essere del tutto esaudita”.
Il tema delle donne è caro anche alla sua produzione. In che modo, in particolare?
“Con il progetto Ladies, sculture nelle quali l’accento è posto sul cuore. Perché le donne saranno anche più svantaggiate ma hanno un’incredibile capacità di dare, un’arma a doppio taglio che a volte le porta anche a ferirsi. Per dirlo, mi serviva un materiale più leggero della ceramica: non a caso uso la porcellana e il paperclay, che mischia argilla e carta. L’accento sulla fatica che le donne fanno è simboleggiata invece nei capelli, dritti e realizzati con fili di rame”.

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