Il “ritorno” di Enrica Tesio: “La famiglia? Come il mostro di Frankenstein”

Si rideva tanto, in “La verità, vi spiego, sull’amore”. Si era riso ancora prima, e lo si continua a fare oggi, sul suo blog “Tiasmo. Prima o poi l’amore arriva. E ti incula”. Questa volta, invece, Enrica Tesio si è fatta più seria con un romanzo che ricostruendo i pezzi di una famiglia “con tanto disagio” finisce per tornare ai temi a lei cari: l’amore, la maternità, la paternità, l’essere genitori: “Dodici ricordi e un segreto” (Bompiani).
Enrica, ha smesso di ridere?
“No, affatto. Però sono sempre stata molto seria, anche se è un aspetto di me che finora è emerso poco. In realtà sono entrambe le cose: quella che ironizza e quella che va a fondo. Questo mio romanzo, anche se non autobiografico, mi assomiglia forse più dell’altro. Non so bene che riscontro avrò, vista la grande diversità. Confido nel fatto che scrivere con sincerità alla fine paghi, in ogni modo”.
Nonno Attilio, uno dei protagonisti, definisce la famiglia come il mostro di Frankenstein, un “organismo in perenne sindrome da rigetto” che tocca accettare per come è. Ha sempre avuto questa descrizione della famiglia, dentro di lei?
“Io sono figlia di separati e vengo da una famiglia dove siamo molti e anche parecchio particolari. Il mio editor all’inizio mi diceva che c’era tanto di strano in questo libro ma posso confermare che alcune delle parti che ho falcidiato erano in realtà molto vere. La vita a volte è più grottesca della fantasia”.
Si è genitori in varie maniere, nel libro. Non a caso lei scrive che un figlio si fa per egoismo, amore, distrazione, errore, noia…c’era in lei una intenzione letteraria di affrontare il tema così attuale della pluralità delle famiglie?
“In realtà avevo l’idea della malattia di nonno Attilio e dei bigliettini che avrebbe lasciato alla nipote Aura per consentirle di ricostruire la biografia familiare. La storia ha preso poi la sua strada, certo è che il tema della maternità come qualcosa di perfettibile e non come modello di perfezione mi ha sempre coinvolta in questi anni. E non sono certo stata io la prima ad affrontarlo. Peccato che, anche all’interno di questa distruzione della perfezione materna, si vada comunque a cercare uno standard, nell’immaginario. A me per esempio dispiace essere associata sempre alla mamma un po’ ‘cazzona’”. Scherzo molto sulla vita con i miei figli. Ma non faccio solo quello”.
Si sente giudicata?
“Semplicemente credo che per quanto li possiamo programmare e considerare emanazioni di noi, i figli non possono essere ricondotti del tutto a quello che siamo e facciamo. Penso davvero che siano un po’ come gli alberi, che crescono anche se non stai sempre lì a guardarli.
Per Isabella, figlia di Attilio, la figlia Aura avuta da ragazzina è un pretesto per non crescere invece che un’assunzione di responsabilità. Anche i figli sono ipergiudicanti verso i genitori?
“Spesso si. Aura considera la madre un anti-modello, una alla quale non cercare di assomigliare. Molti dei suoi comportamenti vanno proprio nella direzione opposta rispetto a quella che la madre puntualmente intraprende. Ma con il tempo impara ad accettarla. I figli, in dei conti, sanno anche perdonare i nostri difetti”.

In questo articolo ci sono 0 commenti

Commenta

g