“Ho sentito una responsabilità umana, prima che politica e istituzionale: quella di dare risposta alla richiesta di diritti e di felicità di migliaia di persone discriminate”. Monica Cirinnà, prima firmataria della legge 76 dell’11 maggio dello scorso anno che ha introdotto le unioni civili per le persone dello stesso sesso, sarà oggi alle 18 alle Librerie Coop Ambasciatori di Bologna per presentare “L’Italia che non c’era. Unioni civili: la dura battaglia per una legge storica” (Fandango).
Un incarico ricevuto all’improvviso, quello di relatrice di un ddl che si annunciava storico. Che peso ha sentito, in quel momento?
“Ho sentito di avere sulle spalle uno zaino pieno delle migliaia di persone che, da quella legge, si aspettavano di migliorare la propria vita e il proprio futuro. Per fortuna, in quei mesi, ho avuto immenso sostegno da parte di mio marito, dei nostri figli, degli amici, delle persone abituate a lavorare con me. Vedere che mio padre, un anziano signore siciliano di 87 anni venuto su con un’educazione ovviamente d’altri tempi, era in prima fila nel sostenere me e la legge, è stato davvero emozionante”.
Coniugare sentimenti e termini giuridici, amore e diritto: che sfida è stata?
“Una sfida enorme che posso dire di avere vinto solo in parte. Nella legge non si trova alcuna poesia d’amore”.
Quanti messaggi e testimonianze ha ricevuto, in quel periodo?
“Infiniti. La legge ha avuto ben quattro versioni e ogni volta qualcuno scriveva per dare suggerimenti, raccontare di sé. Un pezzo importante del motore di quel testo è a Bologna, dove vivono Franco Grillini e Sergio Lo Giudice. L’intellighenzia bolognese Lgbt è stata al mio fianco giorno e notte”.
Ci sono stati momenti di sconforto in cui ha pensato che non ne sarebbe venuta a capo?
“Non sono un’appassionata di astronomia ma nel mio quadro astrale ho la luna in scorpione, quella determinazione che non passa mai, quell’essere sempre in trincea. Ci sono stati due momenti molto critici, certo. Il primo è stato quando siamo andati nella cosiddetta tempesta perfetta presentandoci in Aula senza relatore e lasciando quindi la palla al Governo. La seconda, invece, quando il 16 febbraio ci sono stati il tradimento del Movimento 5 Stelle, la rialzata di scudi di Nuovo Centrodestra e il ghigno di felicità dei catto-dem. Per il resto, sono andata sempre dritta per la mia strada senza grossi momenti negativi”.
Tra le tante storie di cui è venuta a conoscenza, quale l’ha colpita di più?
“Sono stata particolarmente toccata dalle unioni civili di due coppie in cui uno dei due partner era in punto di morte. Ma anche dalla tante mamme che mi hanno scritto per dirmi come fossero felici che la propria figlia o il proprio figlio potessero finalmente unirsi alla compagna al compagno. Senza contare le richieste di alcuni ragazzi che mi hanno chiesto di ‘sposarli’ e i cui genitori, alla cerimonia, non si sarebbero comunque presentati. In un caso, sono venuti di sorpresa, all’ultimo. Moltissime persone mi hanno fatta sentire una di casa”.
Il grande ‘buco’ della stepchild adoption, non recepita dalla legge, che cosa le ha lasciato?
“L’ho definita il buco nel cuore, ancora prima che una normativa non attesa. Sapere che ci sono centinaia di bambini senza diritti, con un’incertezza di futuro davanti, è una fonte d’ansia quotidiana. Li vedo tutti i giorni, quei bambini: sono, per esempio, i figli di Sergio Lo Giudice. Essere consapevole che, se succede qualcosa di brutto, quei bambini che considero come nipoti potrebbero non essere al sicuro, mi fa star male. Per questo dico che siccome l’adozione del figlio del partner non è stata colta quando andava colta, io ora voglio di più. Voglio la responsabilità genitoriale alla nascita, la stepchild adoption la considero sorpassata”.
Alla presentazione interverranno Franco Grillini, Virginio Merola, Sergio Lo Giudice e Francesca Puglisi. Modera Maurizio Belfiore.
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