L’ex benedettina e il ‘gender’: “Grande accoglienza negli ambienti Lgbt”

Cinque anni fa ha lasciato la clausura iniziando a occuparsi, come teologa, degli studi di genere. E quando la polemica sul cosiddetto gender è scoppiata con tutto il suo clamore, ha trovato una Chiesa piuttosto impreparata a reggere la botta e, soprattutto, a rispondere a quello che chiama un grande “fraintendimento”. Selene Zorzi, ex monaca benedettina, sarà mercoledì 1 novembre alle 18,30 al Centro delle donne di Bologna (via del Piombo 5) all’interno del festival internazionale “Gender Bender” per presentare “Il genere di Dio. La Chiesa e la teologia alla prova del Gender” (edizioni la meridiana).
Selene, agli occhi dei detrattori la sua posizione è aggravata dal fatto di essere stata una religiosa?
“Credo che il mio passato non sia il problema: quando si sta dentro certi schemi e certi ambienti rigidi, si è considerati meno pericolosi. Espormi da laica su temi ‘caldi’ e battermi per i diritti delle persone ha invece delle conseguenze tangibili: dopo l’ultimo libro mi sono vista assegnare meno corsi di prima”.
Eppure lei e altre teologhe già si occupavano dell’argomento…
“Il punto è che siamo sempre state una nicchia, ci siamo esposte poco. Senza contare che i teologi maschi non hanno affrontato la questione. Io capisco che smontare gli stereotipi, cominciare a guardare il mondo da una prospettiva nuova e analizzare certi costrutti culturali possa spaventare. La cosa che non accetto e non capisco è la paura indotta dall’omofobia”.
Ora è molto stimata negli ambienti Lgbt: si considera un po’ la paladina dei diritti delle persone omosessuali?
“Non credo di essere una paladina. Quello che è certo è che sono molto ben accolta in quegli ambienti, che imparo molto nel frequentarli. Mi piacerebbe essere altrettanto ben vista dalla Chiesa Cattolica dove sono stata solo in piccola parte apprezzata”.
Dio non ha sesso, scrive nel libro. Gesù, invece, parrebbe rappresentare una forma anomala di maschile: è così?
“Sappiamo bene che le costruzioni del maschile e del femminile cambiano in ogni epoca e in ogni geografia. Rispetto all’immaginario che vede il maschio androcentrico, Gesù incarna invece una maschilità rivoluzionaria laddove integra l’esperienza femminile, si apre al nuovo, va in ascolto delle donne e del loro desiderio, è capace di contatto fisico, umano e di cura”.
Ha qualche speranza che le categorie alle quali siamo abituati possano ammorbidirsi senza che si venga indotti a pensare che esista una teoria del gender che vuole omosessualizzare tutta la società?
“La mia speranza è nei giovani. Di recente ho iniziato a fare lezione ai ragazzi di un liceo classico che, rispetto ai discorsi politici e non, hanno dimostrato di averci ampiamente superati. Certi paletti che abbiamo noi grandi a loro non appartengono. Nonostante le nostre pastoie, hanno capito che il mondo è già cambiato”.
La fa soffrire il fatto che chi professa quella teoria si associ almeno teoricamente agli ambienti cattolici?
“In parte sì perché quella teoria fa leva sula paura e l’ignoranza della gente e ha come conseguenza la strumentalizzazione politica. Ma io ho scelto di cavalcare la strada della conoscenza e della battaglia per i diritti. Sono abituata: dopo vent’anni di monastero ho ritrovato, stavolta per uscirne, il pizzico di follia che mi aveva portato a entrarvi. Ora sto cercando di ricostruirmi una vita. Cosa per nulla facile”.

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