Disturbi specifici dell’apprendimento, gli esperti a Rimini

187mila (il 2,1% del totale) è il numero di studenti che secondo il MIUR, nel 2016, manifestavano un Disturbo specifico dell’apprendimento. Per la precisione il ministero dell’Istruzione, diagnosi alla mano, ne contava ufficialmente 186.803, di cui 108.844 con disturbi di dislessia, 38.028 di disgrafia, 46.979 di disortografia e 41.819 di discalculia. Eppure, secondo l’Associazione Italiana Dislessia, sarebbero 350mila i ragazzi che hanno questa difficoltà. Nel corso degli ultimi anni le diagnosi di disturbo specifico di apprendimento, nelle sue varie forme, sono infatti notevolmente aumentate da uno 0,7% sul totale degli alunni nell’anno scolastico 2010/2011 a un 2,1% nell’anno scolastico 2014/2015. Forse un effetto del fatto che i DSA non sono più un tabù e insegnanti e famiglie li riconoscono più facilmente. Ecco perché l’Osservatorio del Centro studi Erickson, a pochi giorni dall’inizio della seconda Settimana nazionale della dislessia in programma dal 2 all’8 ottobre, promossa dall’AID in concomitanza con la European Dyslexia Awareness Week, fa un punto su questo Disturbo Specifico dell’Apprendimento, cercando, come suggerito dall’associazione, di mettere in luce le potenzialità dei bambini e dei ragazzi con DSA piuttosto che le loro difficoltà.

E quando si parla di potenzialità si pensa subito al fatto che in fondo la dislessia è un tratto comune a molti personaggi famosi – attori, politici, scienziati, chef – che hanno rotto il tabù raccontando il loro percorso e la via intrapresa per il successo. Sono però sempre di più le storie di persone comuni che raccontano come questa “neurodiversità”, pur mettendo alla prova famiglie, insegnanti e soprattutto alunni, può comunque portare a dei percorsi di studio non facili, ma di successo. Come la storia di Filippo Barbera, vicentino classe 1988, che scopre di essere dislessico, disgrafico, disortografico e discalculico in prima elementare. Grazie a un percorso intensivo tra logopedista, neuropsichiatra e compiti supplementari si laurea con lode in Scienze della Formazione Primaria presso l’Università di Padova, consegue un Master di II livello in Psicopatologia dell’apprendimento, si specializza, con il massimo dei voti, nel Metodo Montessori e intraprende la sua carriera di insegnante di scuola e di scrittore. E poi c’è Giacomo Cutrera, bresciano anche lui classe 1988, autore e protagonista dell’autobiografia “Demone Bianco”, che scopre di essere dislessico solo dopo la terza media e grazie all’implementazione di un nuovo modo di apprendere utilizzando diversi canali e miscelando le conoscenze con l’esperienza pratica arriva fino a laurearsi in informatica. Cutrera assieme a Barbera sarà uno dei relatori al Convegno Erickson “La qualità dell’inclusione scolastica e sociale” in programma a Rimini il 3, 4 e 5 novembre.

Questi esempi aiutano a comprendere che la dislessia non impone nessun limite a un bambino o alle persone adulte: entrambi possono sviluppare le proprie potenzialità ed esprimere il proprio talento. Le famiglie, la scuola e la comunità devono però essere in grado di aiutarli e di includerli. “In passato, per una diversa sensibilità sulla tematica, il ragazzo con dislessia era considerato un alunno svogliato. Adesso, grazie a una maggiore consapevolezza dei genitori e a una migliore preparazione di insegnanti e psicologi, i ragazzi a cui viene riscontrato questo disturbo hanno il diritto reale a un progetto educativo mirato. Ed è quindi importante costruire una scuola inclusiva, capace di individualizzare bene, rispondendo alle esigenze di tutti”, sottolinea Dario Ianesco-fondatore delle Edizioni Centro Studi Erickson, docente di Pedagogia Speciale e coordinatore scientifico del Convegno

Altro aspetto fondamentale da considerare per supportare i ragazzi dislessici è che un generico progetto d’intervento non può andare bene per tutti. “Aiutare uno studente con DSA è come fare un puzzle: serve l’incastro giusto. Per fare in modo che due pezzi di un puzzle si incastrino perfettamente, non possiamo di certo scegliere a caso un tassello pensando che vada bene per tutti gli altri: dobbiamo trovare quello giusto, che combaci perfettamente con il pezzo che abbiamo in mano. In modo analogo, un generico progetto d’intervento non può andare bene per tutti i DSA”, lo spiega così anche Gianluca Lo Presti, nel suo libro “Nostro figlio è dislessico” edito da Erickson. Ogni diagnosi indica, infatti, come sia più opportuno aiutare quel soggetto nello sviluppo dell’apprendimento, con precise indicazioni differenti da individuo a individuo, scritte su misura a seconda del tipo e della severità del DSA. Tutte queste informazioni contenute nella diagnosi dello specialista sono il punto cardine da cui partire. E poi? La vera comprensione da parte del bambino avviene nel tempo, dunque è necessario che il genitore abbia un atteggiamento costante giorno dopo giorno. A questo proposito, si possono consigliare le famiglie con ragazzi con DSA ad adottare i cinque comportamenti speciali: pianificare, potenziare, individuare strategie operative, anticipare, gratificare.

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