Chi ha caldeggiato l’iniziativa parla di “un gesto di pietà e di amore“, per “dare la dignità che meritano ai feti che altrimenti finirebbero nei rifiuti organici ospedalieri”. Chi invece non è d’accordo la definisce una “decisione integralista” di “sottomissione alle autorità religiose” mentre sui social si è scatenata l’ironia: “Fate un cimitero anche per lo sperma e i Tampax” sono tra i commenti più gettonati.
Si tratta della decisione del Comune di Saronno, 40mila abitanti in provincia di Varese, saldamente guidato dal leghista Alessandro Fagioli, già noto alle cronache per aver fatto passare in sordina la festa del Repubblica del 2 giugno, di dedicare un’area del cimitero alla sepoltura dei feti abortivi, spontanei o volontari. L’amministrazione ha infatti stipulato un accordo con l’associazione “Difendere la vita con Maria”. Ogni mese , come spiegato in una nota del Comune stesso, sarà organizzata una cerimonia pubblica, alla presenza di un sacerdote, al termine della quale saranno interrati i feti raccolti in apposite scatole di colore bianco. Ci sarà anche un cippo dove sarà indicata la data della sepoltura.
Nata a Novara nel 1998 e riconosciuta dalla Chiesa nel 2004, l’associazione si occupa “della difesa della vita fin dal concepimento”. Il suo presidente, don Maurizio Gagliardini, in passato ha spiegato più volte che “la legge italiana prevede che la famiglia possa esercitare tutti i diritti entro le 24 ore. Una volta che non rivendica il prodotto abortivo, la sanità può disporne secondo i propri criteri e la propria esperienza”. In ogni caso i feti e gli embrioni sotto le 20 settimane sono catalogati come feti umani non riconoscibili, da destinare allo smaltimento attraverso i rifiuti ospedalieri.
“Difendere la vita con Maria” vuole dare ai genitori “una tomba su cui piangere, dove portare un fiore”. I riferimenti normativi sono il Dpr 285/1990, agli articoli 7 e 50, e una circolare circolare del 16 marzo 1988 emessa dall’allora ministro della Sanità, il democristiano Carlo Donat-Cattin. Secondo stime fatte dalla stessa associazione, in 15 anni è stata data sepoltura a 60mila feti. Le convenzioni sono state stipulate con ospedali, Asl e amministrazioni un po’ in tutta Italia. Ma, a quanto ci risulti, non in Emilia-Romagna. E, fino a qualche tempo fa, neanche in Toscana, l’altra zona laicamente Doc in Italia. Fino a quando non è stato eletto sindaco di Firenze Matteo Renzi che, con una decisione criticatissima, nel 2012 ha provveduto a concedere un’area del cimitero di Trespiano.
Ma c’è di più. L’associazione Pensiero Celeste nel 2013 ha depositato in Cassazione una proposta di legge di iniziativa popolare per iscrivere all’anagrafe i feti, i bambini mai nati. “Vogliamo rompere questo tabù, abbattere il silenzio”, spiegano i responsabili dell’associazione che ha sede a Vigonza, in provincia di Padova. Hanno perfino coniato il termine “natimortalità” e assicurano che il loro scopo è quello di “dar voce ai nostri figli che non hanno avuto la possibilità di vedere la luce di questo mondo”. “Si è genitori dal momento in cui il test di gravidanza dà risultato positivo – chiariscono sul loro sito – e si continuerà ad esserlo per il resto della vita”.
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