Maria Rita Parsi a Ravenna: “Lasciarsi bene per non creare danni ai figli”

L’inganno del “per sempre”, la fine dell’amore, l’elaborazione del lutto, l’importanza di lasciarsi bene. La psicologa psicoterapeuta Maria Rita Parsi arriva domani 3 settembre a Ravenna (Festa provinciale dell’Unità, ore 21) per presentare il libro “Se non ti amo più. Quando lasciarsi bene diventa una risorsa anche per i figli” (Mondandori) che tratta, appunto, di rapporti che si concludono e famiglie che si disgregano, con tutte le implicazioni psicologiche, emotive e pratiche.
Dalla ricerca delle ragioni della conclusione di un rapporto fino alla considerazione della fine come una scuola di vita, che cosa l’ha spinta a mettere nero su bianco un decalogo del lasciarsi bene?
“L’inciviltà con cui la maggior parte delle coppie si lascia, facendo danni terrificanti ai rapporti che verranno poi sia tra gli ex coniugi che tra loro e i figli. Lasciarsi è un dramma, un amore che termina è una speranza che si spegne. Ma se si usa la rabbia, il dolore viene coperto. Invece il dolore va affrontato ed elaborato. Lasciarsi bene è come dimostrare ai bambini e agli adolescenti che anche i conflitti più difficili possono essere attraversati e superati”.
Famiglie “tradizionali”, di fatto, allargate, interculturali, adottive, omoparentali: si assomiglia, in qualche modo, il significato della fine di una relazione di coppia nelle diverse formazioni familiari?
“No, cambia. Di mezzo ci sono dinamiche e implicazioni diverse. Penso al fallimento di una intera cultura che, nelle coppie sposate e quindi nelle famiglie tradizionali, la fine rappresenta. O penso a quelle allargate, dove a volte gli eserciti della prima famiglia sono schierati contro quelli della seconda. Ancora, a quelle affidatarie, chiamate a riparare a grandi danni. O a quelle adottive: tra le storie che ho scritto ce n’è una in cui la madre rivendica a un tratto la possibilità di poter avere un figlio biologico, che però il marito non le può dare”.
Il “per sempre” è un inganno dal quale bisognerebbe tenere al riparo anche i figli? 
“Tutte le culture mirano ad abbattere l’angoscia di morte e lo fanno attraverso il ‘per sempre’. I bambini andrebbero educati affinché capiscano che l’amore è un sentimento bellissimo ma se c’è rispetto e condivisione, può evolvere verso qualcos’altro, come l’affetto”.
Spesso si sente dire che per i figli è peggio la conflittualità che vivono in casa quando i genitori non vanno più d’accordo o sono in crisi rispetto alla separazione in sé. Questa visione rischia di edulcorare il fatto che resta comunque un trauma, per loro, che i genitori si dividano?
“Crescere in un clima dove i genitori se ne dicono di cotte e di crude ma stanno comunque insieme non è positivo ed è paragonabile alla violenza assistita. I figli rimangono male, non sanno come agire e vivono i conflitto di lealtà del non sapere a chi dare ragione. La svolta sta nell’elaborazione del lutto, che deve riguardare i genitori quanto i figli. Se non ci si mette in quest’ottica, la separazione resterà un trauma irreversibile”.

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