Manovra di Kristeller, una battaglia nazionale: “Usata a sproposito e tenuta nascosta”

“Non solo è un fattore di rischio ma viene sistematicamente occultata”. Pierfrancesco Belli, presidente della Commissione Rischi ed Etica Sanitaria di Incer Institute e membro del Comitato di indirizzo e controllo dell’Agenzia regionale di sanità della Toscana, tuona contro la manovra di Kristeller, utilizzata nelle sale parto per aiutare le donne a espellere il feto ma considerata pericolosa, come ci aveva spiegato anche il primario di Ostetricia di Faenza Enzo Esposito. Una battaglia nella quale Belli è da tempo impegnato e sulla quale ha più volte relazionato in Senato.

Il problema, a suo dire, è esteso in tutta Italia e in Emilia-Romagna, stando alle linee guida del 2008, si è come acutizzato: “La manovra viene infatti raccomandata per facilitare il disimpegno della testa fetale in caso di emergenza – spiega Belli – Oltretutto, nei corsi di preparazione alla nascita, le ostetriche non informano sui possibili rischi della manovra e delle sue complicanze in caso di ‘parto difficile’. I tagli cesarei, certo più sicuri, anche perché prevedono il consenso informato, costano infatti troppo per le Aziende sanitarie. E così ginecologi e ostetriche estremizzano il parto naturale anche per convinzioni ideologiche ma quando loro stessi si sentono in difficoltà perché consapevoli di non avere la situazione sotto controllo, iniziano a spingere sulla pancia. Quello che succederà dopo, se ci saranno conseguenze o meno per la mamma e il bambino, è un terno al lotto. Sto seguendo il caso di una donna che ha partorito a Cesena il cui bambino, in seguito alla Kristeller e a un ritardato cesareo, è rimasto cerebroleso.  Negli ospedali italiani accade troppo spesso ma questo non deve più succedere. Eppure a Roma, nel 2005, durante l’International Forum of Birth venne messo nero su bianco che i dati sulla manovra mancano per motivi medico-legali. Insomma, viene fatta ma non viene riportata“.

Il punto è che il cambiamento è difficile se la Kristeller “non solo non viene quasi mai indicata nella cartella clinica” ma non compare nemmeno nei dati raccolti ogni anno sui parti: “Nella Scheda di dimissione ospedaliera (Sdo) non è segnalabile per un codice sbagliato e nel Certificato di assistenza al parto (Cedap) non viene segnalata. Senza una corretta indicazione nei flussi informativi, non potremmo mai avere una chiara visione statistico-epidemiologica. E le cose resteranno come sono. La cosa che siamo riusciti a far cambiare, almeno in Toscana, è la definizione di Kristeller. Prima veniva considerata tale dopo tre spinte, ora lo è già dopo una”.

Tra le ripercussioni più comuni per la donna, sottolinea Belli, “la dispaurenia, ovvero forti dolori durante i rapporti sessuali, la rottura delle costole, la diastasi dei muscoli addominali, la rottura dell’utero”. Alcune di queste conseguenze ci sono state riportate anche da alcune mamme intervistate sul tema. Donne che, della manovra di Kristeller, non avevano mai sentito parlare prima del parto.

E c’è anche, per Belli, un discorso di anatomia della donna: “La discesa della testa del feto funziona in base a quanto la contrazione è forte. Oggi le donne che partoriscono sono più adulte e anche i fasci muscolari dell’utero lo sono. Spesso per loro le contrazioni non sono sufficienti. Ma le società scientifiche non lo hanno considerato, così come non hanno considerato che negli ultimi dieci anni il bacino delle donne si è modificato nel corso del tempo. Come a dire che in molte donne il bacino è più piccolo e il bambino fa più fatica a uscire e, mentre fatica, può andare in sofferenza. Ma ci si preoccupa troppo di fare un cesareo in più. E la sicurezza di mamma e neonato?”.
 

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