Voleva abortire ma si è ritrovata rinchiusa per giorni in una clinica psichiatrica contro la propria volontà perché considerata depressa e con tendenze suicide. La protagonista di questa vicenda è una minorenne irlandese e il suo caso, che risale alla fine del 2016, è emerso nei giorni scorsi in seguito alla presentazione di un apposito rapporto: il Child care law reporting project.
In Irlanda c’è una delle leggi più restrittive d’Europa sull’aborto, una pratica considerata illegale perché secondo la normativa vigente (l’ottavo emendamento approvato nel 1983 con un referendum costituzionale) il diritto alla vita del nascituro è equiparato a quello della madre. Questo significa che l’aborto è proibito perfino in caso di stupro, incesto o grave malattia della madre o del bambino mentre è permesso solo quando la vita della madre è in immediato pericolo di vita (nella casistica rientra il pericolo di suicidio indotto da un grave disagio psichico). E solo dal 2014 dopo l’approvazione di una legge dall’iter travagliato e fortemente contestata dal mondo cattolico.
Lo psichiatra che per primo ha visitato la ragazzina ha sostenuto che “l’aborto non era la soluzione dei problemi” ed ha invocato l’applicazione della legge sulla salute mentale, provvedimento che consente agli operatori sanitari di rinchiudere forzatamente i pazienti in apposite strutture, come poi è effettivamente successo alla ragazza. Dopo alcuni giorni di detenzione c’è stata una seconda valutazione da parte di un altro psichiatra il quale ha scritto che nonostante la paziente fosse depressa non c’era alcuna prova di un disordine psicologico e quindi non poteva essere ancora trattenuta nella clinica psichiatrica secondo le norme della legge sulla salute mentale. Ma non poteva neanche abortire. Così la ragazzina è tornata a casa ma non ha abortito come avrebbe voluto e come pensava di fare quando all’inizio di tutta la vicenda aveva chiesto aiuto allo specialista perché pensava di rientrare nella casistica del’“immediato pericolo di vita”.
Linda Kavanagh, portavoce della campagna per i diritti dell’aborto, ha reso noto: “E’ difficile non pensare che lo psichiatra, a causa delle proprie credenze personali, in questo caso abbia sostanzialmente usato la legge sulla salute mentale come strumento per costringere una ragazzina a continuare una gravidanza indesiderata”. Interrogato sulla questione, il ministro irlandese per la Salute Simon Harris ha preferito non commentare. Voi, invece, potete farlo qui sotto.
Qui la notizia in lingua originale.
In questo articolo ci sono 0 commenti
Commenta