epilessia, elettrodiGiuseppe Gobbi è andato ufficialmente in pensione alla fine del 2015 ma tra libera professione, volontariato e consulenze, lavora “dieci volte più di prima”. Punto di riferimento per molte famiglie alle prese con casi di epilessia al Bellaria di Bologna, dove ha diretto la Neuropsichiatria infantile che è centro di riferimento regionale in materia, ha un sogno rimasto nel cassetto, sul quale si è rimesso a lavorare: “Vorrei parlare di epilessia agli alunni delle scuole, vorrei mostrare che cos’è una crisi. Per quindici anni ho passato le mie giornate in un laboratorio di elettroencefaografia a studiarle. L’abitudine non l’ho mai fatta. Ma quando la conosci e sai che cos’è, una crisi fa meno paura. Dobbiamo partire da qui per lavorare sullo stigma ancora forte che le persone hanno rispetto alla malattia”.

Storicamente, l’epilessia è stata considerata una malattia spaventosa, associata nel Medioevo anche alla presenza del demonio e curata con l’esorcismo: “Ancora oggi, a fare paura è il fatto che la crisi arriva all’improvviso e porta la persona che ne è colta a manifestazioni non controllate, tra cui la possibilità di farsi male e ferirsi. Chi assiste rimane comprensibilmente scosso. E questo crea titubanze nel genitore che vorrebbe invitare l’amichetto epilettico del figlio a casa, così come negli insegnanti. Le associazioni, in questo senso, sono importantissime, perché possono fare un importante lavoro per combattere i pregiudizi”.

Negli ultimi anni, a livello sanitario, c’è stata una grande rivoluzione, quella della neurochirurgia che consente in molti casi di guarire dall’epilessia: “Due settimane fa, al Niguarda di Milano, è stato operato un bimbo di 18 mesi che aveva quattro o cinque crisi al giorno e la cui diagnosi era stata fatta al Bellaria. Ora sta bene, non ha più avuto crisi. I casi come il suo, dove con la risonanza magnetica e la Tac viene riscontrata una lesione, vengono operati con successo. Grazie alla chirurgia, l’85% degli epilettici oggi ha la possibilità di guarire”.

Per gli altri casi, ci sono i farmaci e le terapie palliative, in primis la stimolazione del nervo vago, oltre alla dieta chetogenica, priva di zuccheri e carboidrati, iperproteica e ricca di grassi. La stessa grazie alla quale per Francesca, una bimba di quasi tre anni di Solarolo, le crisi sono drasticamente diminuite.

L’epilessia è un mondo molto complesso: “A volte, quando è determinata geneticamente, si presenta da sola. Ma abbiamo anche i casi in cui è associata ad altre sindromi, come quella di Down, o casi in cui si abbina a malformazioni cerebrali, tumori o traumi cranici. Senza contare le volte in cui le crisi convulsive sono legate alla febbre o a crisi ipoglicemiche: casi isolati che non devono fare preoccupare”.

Passi da gigante, secondo Gobbi, dagli anni Ottanta in poi ne sono stati fatti eccome: “Le prossime frontiere saranno la microchirurgia, che ci consentirà di operare come ora non sappiammo ancora fare, e la genetica, grazie alla quale capiremo perché un soggetto sviluppa le crisi e un altro no”.

Emiliaromagnamamma ha raccolto alcune storie di pazienti epilettici: quella di Nicola e quella di Nicole