Gabriele Gardella sa che la sua è una situazione fortunata, visto che di conflitti con l’ex compagna, dalla quale è separato da quando la loro figlia, oggi 15enne, è nata, non ce ne sono. Ma l’iscrizione della ragazzina al Registro della bigenitorialità, che in Romagna – da quasi due anni – è attivo solo nel Comune di Cervia, è stato un modo per rimarcarne ancora meglio la necessità, non solo per la sua famiglia.
Il Registro, istituito su pressione dell’associazione Genitori per sempre, vede al momento 14 minori. Bambini e ragazzi figli di coppie separate o divorziate, accanto ai quali viene indicato anche l’indirizzo del genitore non collocatario, quello – in sostanza – che non vive con loro. E che rischia, soprattutto in sitiazioni di rapporti non proprio rosei tra gli ex coniugi, di restare escluso dalle comunicazioni importanti che riguardano la scuola e la salute.
Solo Santarcangelo di Romagna, negli ultimi tempi, ha annunciato l’istituzione del Registro, mentre altri Comuni, come Faenza e Lugo, hanno detto no (nel primo caso) o stanno prendendo tempo (nel secondo) per valutare meglio il da farsi. Il timore principale delle Amministrazioni più titubanti è che il Registro, invece di alleggerire le tensioni, possa esarcerbarle, a discapito dei bambini che si vorrebbero proteggere. Posizione sulla quale non è affatto d’accordo, tra gli altri, il presidente di Gps Simone Lucchi, fermo sostenitore del Registro e, nel caso di Cervia, del collegato Sportello della bigenitorialità, meritevole di aver offerto per la prima volta anche ai papà, a suo parere, un luogo dove ricevere consulenze.
“Sono consapevole che molte separazioni sono burrascose – racconta Gardella -. Nel mio caso, quando ricevo le comunicazioni su mia figlia ne conosco già il contenuto, visto che con la mia ex compagna il dialogo non manca. Ma sono dell’idea che il Registro sia un grande passo in avanti anche in quelle situazioni familiari in cui il conflitto acceso impedisce agli ex coniugi di comunicare sui temi importanti della vita dei figli. E per chi non abita con i bambini, il fatto di non sentirsi esclusi è fondamentale”.
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