Sembrava integrato. Sembrava. Era in Italia dal 1992, da ben 24 anni. Da quando ne aveva due. E aveva pure sposato un’italiana (con la quale però non conviveva più da tempo). Faceva parte di quella seconda generazione di immigrati che, in teoria, dovrebbe assimilare usi e costumi dei Paesi che li ospitano. Come la piadina e il liscio nel suo caso, dato che abita a Ravenna. Più un sacco di altri aspetti decisamente più seri come diritti e doveri. E invece il tunisino era pericoloso. Un potenziale terrorista: al punto da essere destinatario di un provvedimento di espulsione firmato in persona dal ministro degli Interni Marco Minniti, per “motivi di sicurezza dello Stato”.
Il giovane, disoccupato, è stato caricato su un volo per Tunisi con un biglietto di sola andata: a non rivederci mai più. Secondo le indagini, si era avvicinato a posizioni di estremismo religioso, aveva stretto amicizia con altri terroristi ‘potenziali’ e ‘di fatto’ (uno in particolare se ne era andato a combattere in Siria) e le sue frasi sui social network erano inquietanti: “Sono indeciso se fare il bravo o fare una strage, ci devo pensare” aveva scritto su Facebook. Ed ancora: “Sei divina come una macchina degli sbirri che brucia!”. Minacce solo virtuali? Parole in libertà? Provocazioni? Certo, di questi tempi, è almeno imprudente esporsi così.
Il ministro dell’Interno ha reso noto che “all’esito di una successiva perquisizione condotta nei suoi confronti sono stati, altresì, sequestrati dispositivi informatici nei quali sono stati rinvenuti file di propaganda jihadista che ne documentavano la sua deriva verso l’islam radicale”. Qualche mese fa un altro tunisino, che aveva abitato in via Faentina, era balzato agli onori delle cronache per essersi arruolato nella fila dell’Isis: il salto da Ravenna ai teatri di guerra era stato deciso ma non inaspettato. La stessa comunità tunisina aveva rivelato che il ragazzo non si era integrato né con gli italiani né con gli altri connazionali che vivono in città. Proprio allora fu diffuso dai media un rapporto dei servizi segreti che metteva Ravenna tra le città italiane da cui provengono i cosiddetti foreign fighters, i combattenti stranieri che si arruolano dell’Isis. Da più parti ci si è chiesti se tra le possibili cause di questa aggregazione non vi sia anche la presenza della moschea, una delle più grandi in Italia. Si tratta giovani esaltati dalla propaganda che si infiltrano fra i fedeli e che passano da una vita apparentemente normale al kalashnikov e alle bombe. Come cantava il rapper Frankie Hi Nrg: “Sono intorno a me, ma non parlano con me. Sono come me ma si sentono meglio”.
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