Il successo dell’educAttore faentino Michele Dotti: “L’empatia prima di ogni cosa”

Michele Dotti
Michele Dotti

Quando gli chiedono quanti anni ha, risponde 72. A dire 43, infatti, nessuno ci crederebbe. Perché Michele Dotti, faentino, dipendente della cooperativa Kaleidos e padre di due figli, di esperienze ne ha fatte e ne sta facendo moltissime. Oggi, se dovesse spiegare che mestiere fa, non avrebbe dubbi: “EducAttore”. Il linguaggio del teatro, infatti, lo sta mettendo da qualche tempo a servizio della causa educativa. Le sue video-pillole, pubblicate su Facebook su diversi temi specifici, sono un successone. E per fare formazione agli insegnanti e organizzare spettacoli con i ragazzi delle scuole, sta girando tutta Italia.
Michele, quali temi ti stanno più cari?
“Senz’altro la creatività, intesa come pensiero laterale, e la diversità in senso lato”.
Un tema attualissimo, quest’ultimo…
“Sì, anche se sono convinto riguardi soprattutto gli adulti. I grandi hanno molte più paure dell’altro rispetto ai giovani. Forse perché hanno accesso a meno informazioni, penso per esempio sul web, e anche perché a una certa età non si irrigidiscono solo i muscoli, si irrigidisce anche il cervello: da qui la mia passione per i giochi d’ingegno, che aiutano a tenere allenata la mente. In generale, però, quando si hanno in mano certi strumenti, è possibile aprirsi anche se si è adulti”.
Per esempio?
“Penso al fatto che è molto più probabile morire cadendo dal letto che in un attacco terroristico. Ma a fare più paura è senz’altro la seconda ipotesi. Il punto è che il cervello non è in grado di controllare la pancia: potrei snocciolare tutti i dati del mondo sul fatto che la prima opzione è più plausibile ma la maggior parte delle persone continuerebbe a temere l’attacco terroristico. La pancia continua a fare quel che crede, la razionalità non la ferma”.
E chi la può fermare, allora?
“Il cuore. Se ho paura dell’aereo, non verrò certo convinto a salire dalle statistiche sugli incidenti, che pendono a favore del mezzo aereo. Solo se mi sarò innamorato di una ragazza di Boston, supererò ogni timore. Ecco perché, per ogni apprendimento, costruire prima un ponte di emozioni, attraverso il quale veicolare ogni contenuto cognitivo, è fondamentale”.
Questo, però, nella scuola mica avviene…
“Per nulla, l’equilibrio educativo non viene rispettato. Se guardiamo all’orario scolastico, notiamo che l’intervallo per socializzare si riduce a un’ora, che di ginnastica ci sono solo due ore e di religione una”.
Tutto da rifare?
“Magari. Io, nel mio piccolo, provo a promuovere una visione della persona nella sua interezza. Lo faccio attraverso il teatro, che in questo senso aiuta sicuramente molto. L’empatia dovrebbe venire prima di tutto, prima della consapevolezza. Non tanto per importanza ma cronologicamente: senza empatia si conclude ben poco”.
Ha studiato tanto, per arrivare a queste conclusioni?
“Sì. Ma a formarmi davvero sono stati i viaggi, penso all’Africa e alla ex Jugoslavia, e le persone che ho incontrato”.

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