A 17 anni progetta un esoscheletro: “Per far camminare chi non può”

Mattia Strocchi
Mattia Strocchi

Se Mattia Strocchi si è sempre definito uno “smanettone”, da qualche tempo ha preso a chiamarsi con il nome che più gli si addice: maker. La differenza sta, a suo dire, nel fatto che nel secondo caso si ha in mente un obiettivo e non ci si ingegna tanto per provare. Appena 18enne, studente del quinto anno di elettronica all’Itis “Nullo Baldini” di Ravenna, Mattia è reduce dal Maker Faire di Roma, il più grande evento internazionale sull’innovazione, dove ha potuto mostrare il suo progetto: un esoscheletro nato a metà tra la sua stanza da letto e il suo laboratorio, uno spazio di due metri per due nella lavanderia di casa. Lavoro sul quale punta molto il FabLab di Cotignola, realtà che il ragazzo stava iniziano a conoscere quando, lo scorso anno, ha partecipato alla sfida nazionale sulla programmazione di robot Nao Challenge.

“Si tratta – racconta – di un dispositivo indossabile, capace di fare riacquisire la libertà di movimento a persone con difficoltà motorie. E di far camminare, per esempio, chi non può farlo”. Con un disegno e un circuito elettronico, Mattia è riuscito a iscriversi all’evento romano, in cui è stato l’unico rappresentante italiano nella cerimonia di apertura, nonostante fosse ancora minorenne: “Il sistema di iscrizione mi aveva rifiutato in automatico ma quando hanno visto il mio progetto, mi hanno richiamato invitandomi a iscrivermi con il nome di mia madre”.

Solo lì, pur avendo passato anni a tu per tu con la tecnologia, Mattia si è reso conto della sua rapida e incredibile evoluzione: “Per la prima volta sono stato dalla parte di chi parlava e spiegava agli altri. Sono passate 110mila persone, di cui 30mila studenti solo la mattina del primo giorno. Una bellissima occasione per dare visibilità al mio esoscheletro, tanto è vero che alcune aziende si sono fatte avanti per collaborare. Con una, che produce composti in carbonio, ho già iniziato a lavorare, buttandomi in nuovi disegni e nuove progettazioni grazie ai quali la mia proposta iniziale è parecchio cambiata”.

L'esoscheletroNei confronti della disabilità Mattia racconta di non avere una sensibilità precisa: “Mi considero una persona molto empatica, tutto qui. Al momento sto lavorando a una stampante 3D che dovrebbe stampare tessuti organici. Per chi è fuori da questo settore, è difficile capire la portata di quello che si può cambiare e di quello che si può raggiungere. Io me ne sono reso conto ultimamente”.

Sono lontani i tempi in cui, a sei anni, Mattia faceva le tre di notte per finire una costruzione con i Lego e, dopo averla conclusa, chiedeva ai genitori di comprare altri pezzi: “La passione mi ha sempre contraddistinto. Ora, quando torno a casa da scuola, passo le prime ore del pomeriggio a progettare. Forse dovrei studiare di più ma non credo sia una perdita di tempo. Purtroppo la scuola non mi ha stimolato come avrei pensato, in certi momenti mi sono sentito addirittura penalizzato”.

Il sogno di Mattia, che sull’esoscheletro ha al suo fianco anche un compagno di scuola, Daniele Urbinati, è che il prototipo del suo progetto possa diventare materiale a disposizione della ricerca: “Già il fatto di essere contattato da alcune aziende ci fa capire che da giochino disegnato da due studenti sconosciuti, l’esoscheletro può diventare davvero qualcosa di più”.

Non a caso un europarlamentare ha cercato di recente Mattia per lo sviluppo di programmi intregrativi negli istituti scientifici e tecnologici: “Da febbraio partirà il progetto in quattro scuole romane”.

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