Case Franche, co-housing per 18 famiglie: “Una scelta per i nostri bambini”

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Alcune abitazioni del villaggio “Le Case Franche”

Da fuori li vedono un po’ come quelli strani, quelli che sono andati a vivere “tutti insieme”. In realtà, ognuna delle 18 famiglie che è riuscita a rientrare nel progetto di co-housing Le Case Franche che sta nascendo a San Martino in Villafranca, una frazione del comune di Forlì, ha una casetta propria: magari bi-familiare o quadrifamiliare ma comunque propria. Solo che è molto più facile e naturale bussare al vicino senza vedersi chiudere la porta in faccia, chiedere aiuto, condividere.

Alessandra Mei: "Qui ho trovato radici"
Alessandra Mei: “Qui ho trovato radici”

Lo vedi in questi giorni durante il tour-de-force che le famiglie stanno facendo, da quando il cantiere è stato chiuso, per sistemare gli alloggi in vista di gennaio, quando in base agli accordi con il Comune e la Regione – che ha finanziato parte dei lavori – tutti dovranno avere la residenza. E dai bambini, sedici in tutto, di ogni fascia di età, che si stanno conoscendo e giocano nelle aree verdi, secondo lo spirito individuato oltre dieci anni fa dai progettisti Fabrizio Foca e Simona Zoffoli, sua moglie, oggi genitori di tre figli e abitanti dell’ultima “casa franca” di via don Bagattoni: “Veniamo dal mondo del volontariato, siamo responsabili Caritas a Villafranca, abbiamo viaggiato spesso per fini sociali. Un mondo che cozzava sempre più con il nostro lavoro, dove i clienti ci chiedevano recinzioni sempre più alte per non vedere il vicino di casa. Dopo esserci interrogati a lungo sui modi di abitare, abbiamo deciso di lavorare solo nell’ambito della progettazione con scopi sociali. Ed eccoci qui, insieme a Flavio Gardini di Bologna, a vedere nascere un sogno”.

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Fabiana Rubino (a sinistra) e un gruppo di co-houser
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Fabrizio Foca, uno dei progettisti, con la figlia Mariasole

Il sogno ha il suo clou nel co-house, una struttura comune dipinta di verde acqua dove si possono organizzare cene e feste (ci sono cucina e deposito) e dove sorgerà uno spazio-gioco per i più piccoli. Al suo interno, è stato realizzato anche un monolocale dove andrà a vivere un anziano solo, che aspettava un alloggio nelle graduatorie del Comune. L’occhio all’esterno, infatti, è uno dei tratti principali del progetto: “Il co-house – spiega Fabiana Rubino, presidente della cooperativa ‘La Tavernetta’ e mamma di una bimba di quasi cinque anni che sta prendendo confidenza con la sua nuova casa – verrà messo a disposizione degli esterni per eventi grazie a una convenzione con l’Amministrazione. Non vogliamo che il nostro sia un luogo chiuso: la stessa pista ciclabile sopraelevata che collega via don Bagattoni a via Lughese, e che passa attraverso le nostre case, è privata ma ad uso pubblico. E non avremo recinzioni di alcun tipo”.

Fabiana, che vive ancora col marito e la figlia in un appartamento a Forlì, è rimasta entusiasta del progetto – che in tutto, nel tempo, ha interessato una sessantina di famiglie – per la logica di forte condivisione: “Sono siciliana, abituata alle reti parentali allargate e alle grandi famiglie. Mi sono sempre mancate, soprattuto da quando sono mamma, figure di riferimento esterne. Qui penso che troverò il modo di compensare. E credo che anche la vita di Greta migliorerà parecchio”.

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Uno dei bambini alle prese con la verniciatura

Anche Francesca Masucci, mamma di tre bambini di otto, sei e quattro anni, si è fatta entusiasmare dall’idea di fare le cose insieme e scambiarsi favori: “Dove abitavamo prima il rapporto con i vicini era pari a zero. Non potendo disporre più di tanto dei nonni, spesso come famiglia ci siamo sentiti soli. Avendo, poi, varie esigenze legate all’organizzazione della vita con i bambini, ci siamo fatti trascinare dal progetto di co-housing. Christian, Cesare e Cecilia non vedono l’ora di entrare nella casa nuova”.

Idem per Alessandra Mei, che prima della nascita del figlio di tre anni aveva meditato spesso di tornare in Sardegna, nella sua terra di origine: “Un bambino, alla fine, ti radica. Solo qui, però, posso dire di avere trovato quello che cercavo: per Samuele sarà un’occasione per crescere condividendo, stando con gli altri. Un insegnamento importantissimo di cui faremo tesoro anche noi grandi”.

Lo spirito, del resto, a Case Franche è stato sempre quello di fare le cose insieme e dell’auto-costruzione. Attraverso una banale chat ancora adesso ci si divide i compiti sulle cose che restano da fare. E dove non ci sono famiglie con figli, si tratta per lo più di coppie giovani, che hanno visto un futuro non solo nell’eco-edilizia e nel risparmio energetico ma anche nell’idea di vivere in modo diverso. Come Marta Cupertino, violinista, alle prese con le pulizie del co-house e col sorriso stampato in faccia.

La paura di perdere un po’ di privacy, qui, non è di casa: “Ci sono persone più affiatate e altre meno, come è naturale che sia in ogni gruppo umano – conclude Fabiana Rubino – ma crediamo nella comprensione e nel buon senso di tutti: il rispetto dell’intimità di ogni singola famiglia verrà da sé. Sono molti di più, in ogni caso, i risvolti positivi: lo abbiamo visto, per esempio, nelle reazioni dei nostri figli, che abbiamo coinvolto fin da subito in piccoli lavoretti per farli sentire partecipi e parte integrante di questo progetto che ora, finalmente, si realizza”. E che ha avuto un’onda lunga, se è vero che hanno aderito anche due famiglie di Modena e Reggio Emilia.

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Il co-house, parte comune per cene, feste, eventi

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Commenti:

  1. Salve ho un’associazione di sostegno alla famiglia 24oresu24 a Bologna che si chiama Dadamà babycare
    Sono molto interessata al vostro progetto e alla possibilità di realizzarlo per le nostre famiglie.
    Potete darmi maggiori informazioni.
    Grazie
    Dadamà

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