Un papà e l’autosvezzamento: “La responsabilità dell’alimentazione dei bambini non è del pediatra”

svezzamentoQuando è diventato papà della sua prima figlia, sette anni e mezzo fa, Andrea Re aveva solo sentito parlare genericamente di neonati, pappe, biberon e bambini che sputano. E siccome in Scozia, dove vive con la moglie e le loro due bambine, la figura del pediatria di base non esiste, quando è arrivato il fatidico momento dello svezzamento, di strade da seguire ce n’erano ben poche: “Solo un generico volantino diffuso dal nostro ministero della salute dove si dice, in sostanza, che ogni famiglia può comportarsi un po’ come crede. Vuoi sminuzzare? Fallo. Vuoi frullare? Idem”. E visto che negli scaffali dei supermercati non c’è traccia di liofilizzati, omogenizzati di carne o farine di mais e tapioca per comporre la tradizionale “pappa” dai cinque o sei mesi in poi (ma si trovano articoli anche molto diversi), Re si è reso conto che non esiste un unico modo per fare lo svezzamento. Ed ecco che la via per fare da sé era bella che spianata. Il papà, che sul tema dell’auto-svezzamento ha aperto l’omonimo (e molto seguito) sito, sarà mercoledì 5 ottobre alle 20,30 alla Casa della Salute di Forlimpopoli (via Duca D’Aosta 33), invitato dal Centro per le famiglie, per l’incontro “Autosvezzamento: che cos’è?” (introduce l’assessore ai Servizi sociali Elisa Bedei).
Andrea, com’è iniziata la conversione?
“Con il libro di Lucio Piermarini ‘Io mi svezzo da solo!’ che era stato suggerito a mia moglie. Fino ad allora ero stato di quelli che pedissequamente seguono le indicazioni delle confezioni: se su quella del latte artificiale si diceva che mia figlia doveva assumere tot di latte a seconda dell’età e del peso, io pretendevo che succedesse esattamente così. Il passaggio più lento e difficile è stato capire che non è il genitore che autosvezza, è il bambino che si autosvezza, che passa dai cibi liquidi a quelli solidi secondo i suoi tempi, il suo gusto, la sua voglia”.
E le annose questioni del rischio soffocamento e allergie?
“Sulla prima non c’è molto da dire, se non è che l’autosvezzamento non implica per forza che il bambino mangi pezzi grossi di cibo e che comunque, più grossi sono meglio è. A seconda dell’indole del bambino e del genitore il cibo può comunque essere sminuzzato o triturato o reso in vellutate. Sulla seconda, credo basti stare attenti, come indica anche il nostro ministero della Salute, alle sei grandi categorie di cibi allergenici: latte vaccino, pesce e crostacei, soia, frutta con il guscio, semi e frumento. Se si ha familiarità con questi alimenti, meglio andarci piano, magari provando a introdurli in modo graduale. Se non la si ha, normalmente le reazioni non andranno oltre il classico rossore intorno alla bocca dovuto all’istamina contenuta nelle fragole e nei pomodori”.
Sono queste i dubbi più frequenti dei genitori che la contattano?
“Sono molto frequenti anche se li inserirei nella fase due della questione. La prima è far capire alle mamme e ai papà il valore del concetto di ‘a richiesta’. Molti, noto, dicono di praticare l’autosvezzamento ma in realtà non fanno altro che proporre quello tradizionale, cambiando semplicemente gli alimenti. Non è così: nell’autosvezzamento è il bambino che decide cosa mangiare. Ogni giorno arrivano decine e decine di messaggi. Se ricevessi un euro ogni volta che mi si chiede ‘da quale cibo devo iniziare con il mio bambino?’, sarei ricco. Il punto è che non c’è una risposta, se non che ‘dipende dal bambino'”.
Lei è di formazione ingegnere e ora lavora come traduttore. I pediatri l’hanno mai criticata?
“Io non sono un medico e quando, anche sul sito, sostegno certe affermazioni, cito la fonte ufficiale da dove ho ricavato quell’informazione. Inoltre ho dei professionisti che, senza nulla in cambio, mi aiutano a chiarirmi dubbi e incertezze e che mi spiegano in termini semplici le situazioni più complesse. Critiche vere e proprie non ne ho mai avute, al massimo qualche discussione con chi non era d’accordo. Dico anche che per nutrire i propri figli non c’è bisogno della benedizione del pediatra, che i responsabili dell’alimentazione dei bambini siamo noi genitori che li conosciamo e li vediamo ogni giorno. Quando sento dire che, in generale, sul tema dello svezzamento ci sono diverse scuole di pensiero, ci si illude se si pensa che siano equivalenti. Bisogna riconoscere che per forza una è giusta e una sbagliata: si tratta solo di capire qual è l’una e qual è l’altra”.

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