Il caso della ragazzina di Ferrara che si è buttata dal primo piano perché i genitori, come punizione, le avevano tolto il cellulare per un giorno, apre il dibattito sull’età più indicata per dotare i figli dello smartphone. Pane quotidiano per Alessandra Falconi, che non è solo mamma di tre figli di 21, 19 e 7 anni ma dirige anche Zaffiria, il centro pubblico per l’educazione ai mass media nato di Bellaria Igea Marina.
Esiste un’età alla quale possiamo stare tranquilli nel regalare ai nostri figli il cellulare?
“No, il mio consiglio è di ritardare il più possibile questo momento. La tecnologia, una volta che è a disposizione, ti cambia. Ed è necessaria un’educazione per saperla gestire e affrontare. E poi che tristezza vedere ragazzini che non si scambiano più una parola, tutti presi dalla loro solitudine e dal loro smarthone. Di recente, in una malga in montagna, ho notato due bambine fisse sul tablet ancor prima di ordinare il pranzo. Così come un bambino imboccato dalla madre con lo sguardo fisso ai cartoni. Credo si sia fatta ora di tornare a interrogarsi sul perché delle cose. Una volta il telefono ci serviva per telefonare. E adesso, a cosa ci serve? E soprattutto, perché i nostri figli dovrebbero averne bisogno? Se sono a scuola e quando sono fuori sono con noi, perché devono avere un cellulare?”.
Questione di debolezza dei genitori?
“Dire no è faticoso, comporta che si tenga sempre vivo il conflitto tra genitori e figli. Ma il no è l’unica strada per creare alternative, per dare spazio a esperienze che, altrimenti, i nostri bambini non farebbero. Un giorno, forse, ci ringrazieranno di questo. I miei due figli maggiori hanno il cellulare ma continuiamo a interrogarci insieme sull’opportunità di certe foto o certi commenti postati magari sui social. Non si finisce mai di ragionare: quello che deve accompagnare l’utilizzo delle tecnologie è un percorso che richiede impegno”.
Punire un figlio negandogli l’accesso allo smartphone: plausibile?
“Sembra che qualsiasi comportamento debba andare a parare lì. Togliere il cellulare perché il figlio ne ha combinata una o ci ha fatto arrabbiare non ha alcun senso, non c’è collegamento tra le due cose. Trovo sia una misura del tutto fuori luogo”.
Molti genitori tirano in ballo il rischio isolamento: “l’amico ce l’ha”, “è l’unico della classe rimasto senza”…
“Io non credo che senza cellulari i nostri figli crescano come disadattati sociali. I problemi sono ben altri. Poi, chiaro, ogni genitore conosce il suo, di figlio. E sa fino a che punto è in grado di tollerare la frustrazione, se la richiesta di avere un cellulare ha davvero strettamente a che fare con la possibilità di essere incluso dal gruppo. Dico, però, che a otto anni un cellulare non si dà. Che alle medie si può cominciare a ragionarci sopra. E che, comunque, più tardi è e meglio è”.
Non salva davvero nulla?
“Io credo che gli oggetti non ci restituiscano nulla e non rispondano alle nostre incapacità, ansie, paure, inadeguatezze e frustrazioni di genitori. Credo anche che recuperare il senso del limite sia più che mai necessario. Senza contare la questione del tipo di cellulare: vedo ragazzini con modelli costosi e di ultima generazione. Ma siamo sicuri che sia necessario? E poi, ci chiediamo che cosa fanno, con il telefono? Certi genitori si stupiscono se i figli consultano i siti porno: la via per farlo gliel’hanno consegnata loro”.
Nelle attività di Zaffiria, da parte dei genitori, emerge spesso questo argomento?
“Sì, anche se preme ai genitori già attenti e sensibili, che si pongono il problema. A tutti gli altri non riusciamo ad arrivare. Ultimamente stiamo notando un fenomeno paradossale: intorno ai 18 anni i ragazzi e le ragazze perdono quasi interesse per gli smartphone, ne abbiamo sentiti alcuni criticare i genitori perché a cena chattano su WhatsApp. Secondo me certi figli pagherebbero per avere genitori che facciano loro un po’ di opposizione, che non cedano alla prima richiesta”.
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