Il papà di Vadim, morto alla Notte Rosa: “Genitori, controllate i vostri figli”

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Giuseppe Piccione con la foto del figlio Vadim

Giuseppe Piccione non riavrà suo figlio. Ma il suo cruccio è ora quello di aprire gli occhi ai genitori dei giovani, minorenni soprattutto: perché certe scene balzate ai suoi occhi dopo la morte del figlio adottivo 22enne Vadim, trovato cadavere l’8 luglio del 2012, durante il fine settimana della Notte Rosa, nel canale del Marano a Riccione, sono a suo dire sconvolgenti: “Ragazzine di sedici anni ubriache marce e in giro da sole alle quattro di notte. Ma i genitori, mi chiedo, dove sono? A loro dico di muoversi a intervenire, prima che sia troppo tardi”.

Giuseppe, che vive a Ravenna, una settimana fa – venerdì e sabato sera – è tornato, come lo scorso anno, a guardare che cosa succedeva intorno al punto in cui suo figlio ha perso la vita: “Quest’anno, per la Notte Rosa, ho visto più controlli rispetto al 2015: le forze dell’ordine si sono addentrate nelle vie laterali, non sono rimaste in quelle principali. Poi, di ragazzi e ragazze che avevano bevuto troppo ne ho visti eccome. E non oso immaginare quelli che, in maniera più sommessa, hanno deciso di divertirsi ricorrendo agli stupefacenti. La grande domanda a cui non trovo risposta è questa: ma come si fa a chiamare divertimento lo sballo?“.

Il papà di Vadim, intanto, nonostante la chiusura delle indagini nel 2013, non ha smesso di cercare la verità: “Sto facendo in modo che l’inchiesta venga riaperta. Sono qui a piangere un figlio senza sapere perché. L’autopsia ha rivelato la morte per annegamento ma il medico legale mi ha detto che si tratta di un risultato non attendibile al cento per cento: il corpo di Vadim, infatti, non è stato messo subito nella cella frigorifera, all’obitorio di Rimini, e quando è arrivata l’ora dell’esame autoptico, era già in avanzato stato di decomposizione”.

Dentro di sé, un’idea sui fatti, Giuseppe Piccione ancora non ce l’ha: “Da due anni mio figlio assumeva un farmaco per curare un tremore alle mani. Non era epilettico, come è stato scritto: semplicemente, quel medicinale viene utilizzato anche per trattare l’epilessia. In ogni caso, anche se avesse bevuto, il mix di alcol e farmaco non avrebbe mai potuto causarne la morte”.

Piccione ci metterebbe la mano sul fuoco: “Vadim non faceva uso di droghe, le detestava, era contrario. Ogni tanto beveva un bicchiere in più e a casa, spesso, ne avevamo parlato. Io e mia moglie gli avevamo consigliato di non farsi trascinare, tanto sarebbe stato male e non avrebbe retto: l’alcol gli dava subito alla testa. Pazienza se gli amici lo avrebbero discriminato. Dopo la sua morte, mi sono fatto l’idea che i giovani, oggi, non abbiamo davvero un briciolo di testa. Ho fatto appello alle istituzioni locali perché si lavori sulla prevenzione, magari mettendo in campo il mondo del volontariato. Ma lo sballo giovanile fa girare l’economia. Tanto è vero che nessuno mi ha risposto. A chi importa, in fin dei conti, di Vadim Piccione, di suo padre e di sua madre?”.

In questo articolo ci sono 3 commenti

Commenti:

  1. Importa molto a noi, ma la società in cui viviamo preferisce, come hai detto tu, gli affari e il facile guadagno. E’ di oggi la notizia di due minorenni, che spacciavano nelle scuole faentine. Con affetto, Patrizia e Franco

  2. Grazie Silvia Manzani ha scritto esattamente il mio pensiero,giornalista brava e seria.
    Purtroppo la situazione è MOLTO sottovalutata. finchè non ci tocca personalmente.non ci si crede.

  3. A noi importa Giuseppe. Ogni volta che scendo in spiaggia e vedo quei fiori sulla riva del Marano…importa eccome. Noi che abbiamo figli adolescenti e dobbiamo piano piano lasciarli andare…e non sappiamo dove.

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