Andrea Casadei è sempre stato un battagliero, pronto a cercare una soluzione ai problemi, a rialzarsi davanti alle difficoltà. Risorse che ha messo in campo anche dopo che, nell’aprile di due anni fa, a soli 25 anni, dopo essere andato come al solito a donare il sangue, ha ricevuto una telefonata che non scorderà: quella in cui gli si diceva che i valori del sangue non andavano bene, che avrebbe dovuto ripetere il prelievo e ripresentarsi all’Avis il giorno successivo, con i genitori: “Dopo 24 ore avevo già la diagnosi in mano: leucemia mieloide. La settimana seguente, ero già ricoverato”.
Andrea, oggi consulente per un’azienda dopo la laurea in Economia ottenuta all’Università di Forlì un mese prima del trapianto di midollo, quando ha saputo della malattia stava per diventare papà di Simone, venti mesi, avuto dalla compagna Azzurra, che vive ancora con la famiglia: “Purtroppo, siccome io ho iniziato a lavorare in pianta stabile da pochi mesi e la mia ragazza è ancora precaria, non abbiamo avuto modo e possibilità di costruire qualcosa di nostro e andare a convivere. Spero succederà presto. Azzurra, oltre a sobbarcarsi la gravidanza e il primo periodo della vita di nostro figlio senza di me, ha dovuto affrontare anche il peso della mia malattia”.
Il ragazzo cesenate, che dal gennaio scorso non assume più farmaci, deve dire grazie a suo fratello Francesco, subentrato al donatore di midollo tedesco che, poco prima del trapianto, non è più stato reperibile: “Francesco era compatibile ma ancora minorenne: è stato necessario avviare un iter legale, per fortuna conclusosi in fretta e furia, per dargli la possibilità di donarmi il midollo anche se mancavano un paio di mese al suo 18esimo compleanno. Siamo sempre stati molti uniti, ci siamo sempre fatti forza a vicenda. Ma questa esperienza ci ha legati ancora di più: gli devo la vita“.
Andrea, che da quando ha 15 anni fa l’arbitro di calcio, è tornato in campo il 10 giugno scorso per un torneo: “Mi porto dietro una forte anemia e non sono ancora al cento per cento delle forze. Ma sto bene, riesco a fare quasi tutto, non mi posso lamentare. Non sono ancora in grado di reggere una partita intera per novanta minuti ma mi devo dare tempo”.
Prima del trapianto effettuato al Sant’Orsola di Bologna, l’arbitro è stato sottoposto a quattro cicli di chemioterapia all’ospedale di Ravenna: “Per il primo sono stato parecchio male, mentre gli altri tre non li ho praticamente sentiti. Sono stato ricoverato per periodo abbastanza lunghi ma, fortunatamente, dopo il trapianto non ho più fatto degenze, solo day hospital per i controlli. Vado a Bologna ogni tre mesi, devo fare qualche vaccinazione e qualche prelievo in più. Ma conduco una vita normale”.
Andrea, nei mesi a venire, spera anche di recuperare il tempo perduto con suo figlio: “Incredibile come le cose si siano incastrate. Simone è nato, oltretutto prematuro, tra la domenica e il lunedì. Il martedì ero già a Bologna per l’incontro sul trapianto. In quei mesi, per tradire il tempo, ho dato l’ultimo esame all’università, addirittura con la febbre, e ho scritto la tesi dal letto dell’ospedale. Ero malato, è vero: ma laurearmi, per me, era una priorità: non mi è mai piaciuto rimandare le cose importanti”.
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