Lo chef vegano neo-papà a Cattolica: “Cucino per le donne con l’endometriosi”

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Martino Beria

Martino Beria e la moglie, genitori da solo otto giorni, hanno un’amica con l’endometriosi. Una malattia di cui, per questo, lo chef vegano sente parlare da diversi anni. Conseguenze invalidanti comprese. Ecco perché ha scelto di partecipare all’evento Accendiamo l’informazione organizzato da Ape (associazione progetto endometriosi): domani 18 giugno, a Cattolica, il cuoco sarà alle 11,30 nell’area food del Villaggio del benessere allestito in piazzale I Maggio. Dove mostrerà, con uno show cooking, come le donne con l’endometriosi possono aiutarsi a stare meglio con una dieta priva di proteine di origine animale.
Martino, che cosa cucinerà domani?
“Proporrò una tartare di avocado con una spuma di pomodorini e una pasta con pesto di melanzane affumicate, mandorle e filetti di pomodoro. Piatti che preparerò interagendo con il pubblico e cercando di parlare la stessa lingua: nel mio lavoro, tengo sempre presente l’importanza della comunicazione. Spesso il mondo dei vegani viene dipinto come chiuso e inaccessibile: io ho invece capito che si deve sempre cercare un’apertura verso quello che c’è fuori”.
In che modo, nello specifico, la sua cucina può migliorare la qualità di vita delle donne malate di endometriosi?
“Se, in linea generale, la cucina vegana è più salutare di quella onnivora, lo è a maggior ragione per chi, come le donne con l’endometriosi, hanno bisogno di disintossicarsi. Purtroppo la nostra amica, per cultura sua e della sua famiglia, sta seguendo le direttive mediche generali e non ha introdotto una dieta vegana. Ma spero di essere utile alle donne che cercano un miglioramento nella quotidianità: che può passare anche da un cambiamento di alimentazione”.
Senza rinunciare al gusto?
“Mai. Fin da quando ho cominciato a fare questo lavoro, mi sono posto la sfida di dimostrare ogni giorno che si può mangiare con gusto, fantasia e sapore pur eliminando qualsiasi prodotto animale. Perché vanno bene le convinzioni etiche, la sensibilità personale e i precetti religiosi, ma quando sei uno chef devi tenere conto della ricerca, dell’innovazione. La mia motivazione è sempre stata quella di non sottostare alle critiche che vedono la cucina vegana come monotona e insapore, valorizzandola al massimo delle possibilità. Concetti ben espressi dal libro ‘Vegano gourmand scritto a quattro mani insieme a mia moglie Antonia Mattiello'”.
C’è un piatto a cui non rinuncerebbe mai?
“Il sushi di verdure, frutta, alghe. Una preparazione che mi dà enorme soddisfazione. E che a casa preparo circa una volta alla settimana”.
Anche sua moglie, reduce dalla gravidanza, è vegana?
“Assolutamente sì. Lo è rimasta sempre mentre aspettava nostro figlio. Ed è stata dimessa con i valori del sangue perfetti. Così come quelli del bambino. Adesso è allattato ovviamente al seno. Quando sarà ora di svezzarlo, non ci faremo certo lavare il cervello dall’approccio generico dei pediatri. Siamo persone di scienza e cultura, io studio da anni, incrociando il mio percorso universitario in Scienze e culture della gastronomia e della ristorazione con quelli scientifici e umanistici sulla dieta vegana. Non ho certo scelto, come fanno alcuni, di leggere solo alcuni libri di parte, non considerando minimamente tutto ciò che non è vegano. So benissimo come si bilancia un’alimentazione senza prodotti animali”.
Da quanti anni ha fatto questa scelta?
“Quattro anni fa, all’età di 25 anni. Prima, per un anno, sono stato vegetariano. Mia mamma, già prima che andassi a vivere da solo, aveva eliminato carne e pesce, che in casa avevamo sempre mangiato in scarse quantità. Non è stato così difficile cambiare”.

Qui il sito di Martino Beria

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