Erika e il lutto perinatale: “I nostri bambini persi non sono angeli”

zerbini“Non pensarci”. “Cercatene subito un altro”. “Non va sempre così male”. Per Erika Zerbini non ci sono parole più inadeguate quando hai vissuto un lutto perinatale. Un dolore che secondo lei va guardato in faccia, riconosciuto, nominato. Mamma di un bambino di tre anni e di due bambine di sette e tredici, Erika è da poco pubblicato “Nato vivo” (PM Edizioni) dove parla di quello “zaino” che ti porti dietro quando, dopo due aborti alla 21esima e poi alla 15esima settimana – come è successo a lei prima di avere il terzo figlio – riesci a portare a termine un’altra gravidanza. Difficilissima, nel suo caso, visto un distacco di placenta precoce e molti mesi a letto a combattere contro la paura di un altro lutto.

Erika è anche l’autrice del blog Professione Mamma, nato nel 2012 e diventato qualcosa di molto più grande rispetto alle aspettative: un luogo dove parlare di gravidanza e maternità lontano dalle logiche “da copertina”, perché le mamme “sono vere, stanche, normali, affaticate”.

La battaglia più grande dell’autrice, però, resta quella contro il tabù della morte perinatale, un argomento davanti al quale la società intera è incapace di reagire e trovare un canale comunicativo, preferendo affidarsi alle “modalità sdolcinate”, come quando si dice che le mamme che hanno perso i figli durante la gravidanza sono speciali o che quei bambini “sono angeli”. Per Erika, invece, c’è un gran bisogno di dire che quei bambini sono morti, che l’esperienza della loro perdita la terremo per mano per tutta la vita perché ne ha fatto inesorabilmente parte, che dopo aver superato il dolore, in realtà, ce ne faremo accompagnare per sempre, modificando buona parte del nostro essere e del nostro comportamento.

Erika Zerbini
Erika Zerbini

“Una delle fatiche più grandi che ho fatto – racconta Erika – è stata quella di farmi legittimare come mamma dei figli che avevo perso. Anche se quei bambini non avevano avuto la forma alla quale siamo abituati a pensare, anche se non li avevo abbracciati, erano comunque i miei. Con il loro carico di ricordi. Oltre a dover accettare la perdita e l’idea di mancata onnipotenza materna, le donne che affrontano il lutto perinatale devono fare una vera guerra contro le persone intorno che ignorano, minimizzano o non sanno come rapportarsi”. Solo quando ha messo da parte la rabbia per il fatto di essere “più una tomba che una mamma”, solo quando ha smesso di prendersela con gli altri, Erika ha capito che si guarisce eccome da esperienze del genere e che “non si rimane, per fortuna, depresse a vita”.

Oggi Erika sogna un sistema socio-sanitario in cui siano previste forme di sostegno alle mamme “interrotte”, così sole e in mezzo a un mondo che non le capisce o non le vuole vedere. Oggi si arrabbia molto meno per alcune cose, come può essere una multa. E molto di più per altre, come il fatto che ci vogliano quattro mesi per avere il referto di un esame istologico su un feto abortito. “Oggi – conclude – sono grata tutti i giorni per qualcosa che ho e che prima non notavo. Oggi vedo i dettagli che fanno la mia ricchezza e quella della mia famiglia. Oggi guardo il mondo attraverso gli occhi dei miei figli. E mi stupisco di come vada ben oltre me stessa”.

 

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